È stato il premier Mario Draghi ad illustrare ai giornalisti italiani i risultati del vertice del Consiglio europeo informale che si è svolto a Versailles in vista di quello ufficiale che si svolgerà a Bruxelles i prossimi 24 e 25 marzo. «È stato un successo», ha detto Draghi, aggiungendo di non ricordare analoghi vertici dove l’Ue si sia mostrata così unita.
La riunione ha affrontato alcuni problemi cruciali innescati o accelerati dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni imposte alla Russia, con impatti anche sull’Europa che la costringono a modificare o rivedere alcune delle proprie strategie.

Guerra in Ucraina, la discussione su energia, agroalimentare, difesa comune ed economia

Nella sua esposizione in conferenza stampa, Draghi ha elencato i quattro principali «pilastri» della discussione che, sempre secondo le parole del premier italiano, costituiranno la base del confronto ufficiale di fine marzo e delle decisioni che la Commissione assumerà.
Il tema dell’energia, dei suoi rincari e delle interruzioni degli approvvigionamenti, la fa da padrone, seguito da analoghi problemi che riguardano il cibo e l’import agroalimentare.
Più veloce, secondo Draghi, è stata la discussione sul tema della difesa comune, mentre più in generale si è discusso anche di macroeconomia nell’Ue.

Di fronte ad una domanda esplicita di una giornalista, Draghi ha negato che l’Europa si trovi già in un’economia di guerra. «Dobbiamo prepararci, ma non è assolutamente un’economia di guerra, specialmente per gli approvvigionamenti di cose fondamentali – ha detto Draghi – Prepararsi non vuol dire che deve avvenire con probabilità uno, sennò saremmo già in una situazione di economia di guerra e razionamento. Bisogna però immaginare che le interruzioni nei flussi di approvvigionamento possano accadere, specialmente se la guerra continuerà per tanto tempo. Quindi la risposta consiste nell’approvvigionarsi altrove, costruendo delle nuove relazioni commerciali».

Energia, le quattro strategie per fronteggiare la crisi

Sono quattro le strategie che, nelle parole di Draghi, sono necessarie per risolvere gli impatti sul tema energetico che la guerra in Ucraina sta generando. L’Italia, nello specifico, è uno dei Paesi più esposti, perché la sua dipendenza dal gas russo è molto alta.
Da un lato, dunque, occorre diversificare sia i fornitori, rinunciando al gas russo e approvvigionandosi altrove, sia le fonti, puntando sulle fonti rinnovabili. Nell’ultimo Cdm il governo ha dato il via libera a si nuovi campi eolici, ma resta il problema della lentezza delle autorizzazioni.

Il secondo punto riguarda l’introduzione di un tetto al prezzo del gas, la cui semplice riflessione, secondo il premier, ha già prodotto un crollo del prezzo. Ma occorre anche – e questo è il terzo punto – divincolare il mercato delle rinnovabili da quello del gas, dal momento che produrre energia in modo pulito costa meno, ma al consumatore il prezzo praticato è lo stesso che la produzione del gas. Infine occorre tassare gli extraprofitti delle società energetiche, una misura di cui si è discusso anche in passato e che, secondo le stime della stessa Commissione europea, potrebbe generare un gettito di 200 miliardi di euro.

Cibo, le strategie sull’agroalimentare

Oltre ai problemi legati all’energia, le conseguenze della guerra in Ucraina potrebbero riguardare anche l’approvvigionamento di alcune materie prime agroalimentari, come il grano o altri prodotti, di cui la stessa Ucraina e la Russia sono grandi produttori.
Anche in questo caso, secondo Draghi, la strategia da adottare è importare da altri Paesi, come Canada, Stati Uniti, Argentina ed altri soggetti ancora.

Il tema, però, ha aperto la questione delle regolamentazioni che sussistono nell’import di prodotti agroalimentari, la più rilevante delle quali è quella sugli standard che devono avere i prodotti agricoli extraeuropei per arrivare sulle nostre tavole.
L’argomento regolatorio, enuncia Draghi, «lo ritroviamo sul Patto di Stabilità, lo ritroviamo sulle leggi sugli aiuti di Stato, lo ritroviamo sugli standard dei prodotti agricoli da importare, lo ritroviamo sull’elettricità». L’orientamento, insomma, sarebbe quello di un allentamento provvisorio dei vincoli che oggi sussistono per via della crisi creata dalla guerra.

Difesa comune, una spesa militare enorme che va aumentando

Molto veloce è stata l’esposizione di Draghi sul tema della difesa comune. Il premier si è limitato ad osservare che l’Ue spende per la difesa ben tre volte quanto spende la Russia, evidenziando la necessità di un miglior coordinamento tra Paesi membri.
Nel documento finale del vertice, però, si parla apertamente di un ulteriore aumento della spesa militare, tema su cui il capo del governo italiano ha glissato anche a fronte di una esplicita domanda di un giornalista.

«Alla luce delle sfide che dobbiamo affrontare e al fine di proteggere meglio i nostri cittadini, mentre riconosciamo la specificità della politica di sicurezza e di difesa di alcuni Stati membri, dobbiamo investire di più e meglio nelle capacità di difesa e tecnologie innovative», si legge nel documento di Versailles. «Abbiamo quindi concordato di: aumentare sostanzialmente le spese per la difesa, con una quota significativa per investimenti, concentrandosi sulle carenze strategiche individuate e con la difesa capacità sviluppate in modo collaborativo all’interno dell’Unione Europea».

Macroeconomia, 2 trilioni di euro per affrontare le sfide, ma «non dai bilanci degli Stati»

Per affrontare tutte le sfide elencate finora, secondo i calcoli della Commissione europea le risorse necessarie ammontano a circa 2 trilioni di euro. Il conteggio tiene conto anche delle promesse fatte e gli impegni presi con la Nato, quindi la conferma dell’aumento della spesa militare.
«Bisogna trovare un compromesso su dove trovare le risorse – avverte però Draghi – a livello di bilancio nazionale questo spazio non c’è. Serve una risposta europea».

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