La guerra in Ucraina ha accelerato l’evoluzione delle politiche energetiche europee. Appesi ai gasdotti russi, i paesi del Continente iniziano a porsi il problema della diversificazione delle fonti d’energia. E tra le nazioni più coinvolte in questo processo c’è la Germania di Olaf Scholz, assieme all’Italia, la più dipendente dal metano di Mosca. Già nell’anno appena concluso, con l’arrivo al governo della coalizione tra socialdemocratici, verdi e liberali, Berlino ha approvato obiettivi tra i più ambiziosi del pianeta sul piano energetico e climatico: neutralità climatica al 2045, riduzione del 65% delle emissioni entro il 2030, stop al carbone e 100% di elettricità da fonti rinnovabili per lo stesso anno.
La guerra in Ucraina accelera la necessità di indipendenza energetica
Con l’invasione russa dell’Ucraina e lo stop – almeno per ora – a North Stream 2 (il gasdotto che collega Russia e Germania bloccato ad un passo dall’inaugurazione), il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner ha annunciato un ulteriore passo verso la transizione ecologica e la sovranità energetica: 200 miliardi di euro sulla riconversione verde da qua al 2026. Un piano eccezionale, che arriva dopo l’annuncio delle spese per il riarmo, una scelta che molti temevano avrebbe frenato gli impegni sul clima. Ancora non è del tutto chiaro come verranno divisi questi fondi: secondo alcuni rumors 90 miliardi dovrebbero andare nel già esistente Fondo per il Clima e la Trasformazione, altri serviranno ad abolire gli oneri in bolletta sulle rinnovabili, ed altri ancora saranno dedicati a tecnologie come l’idrogeno per uso industriale e colonnine di ricarica per i mezzi elettrici.
«Con tutte le sue contraddizioni, la Germania sta innegabilmente dimostrando di voler puntare sul serio sulle rinnovabili. Penso non solo a questo ultimo annuncio, ma anche a scelte come la nomina dell’ex direttrice di Greenpeace International come Inviata speciale per il clima» dice ai nostri microfoni Luca Iacoboni, responsabile politiche nazionali del think-thank Eccø Climate. «L’Italia si muove in maniera poco chiara, punta a cambiare fornitori ma non la fornitura, punta ad emanciparsi dal gas russo acquistando più gas da altri paesi. Ma l’obiettivo dovrebbe essere liberarsi in toto del gas, a prescindere dalla provenienza, per ragioni di ordine climatico ma anche economico e geopolitico. Noi ad Eccø abbiamo dimostrato che possiamo ridurre le importazioni di gas russo del 50% entro il prossimo inverno con un mix di risparmio energetico, efficienza e sblocco delle rinnovabili».
Sullo sblocco delle rinnovabili, però, litigano i diversi Ministeri e gli enti locali, preoccupati per l’impatto sul paesaggio. «La buona notizia è che il potenziale delle rinnovabili in Italia è enorme, quindi si può fare la transizione senza installazioni selvagge. Però dobbiamo essere onesti: se vogliamo parlare di paesaggio consideriamo che i cambiamenti climatici lo stanno devastando. Rischiamo di difendere territori che presto non esisteranno più nella forma in cui li conosciamo. Difendere il paesaggio, insomma, significa anche abbandonare il fossile e sostituirlo con le rinnovabili».
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Lorenzo Tecleme