Nei commenti sulla guerra in Ucraina, iniziata con l’aggressione militare voluta da Putin, si conquista spazio il tema delle armi e del riarmo, con provvedimenti dei governi europei che vanno in questa direzione. Lo spauracchio della Terza Guerra Mondiale aleggia come una spada di Damocle, ma se si guardano i numeri della proliferazione nucleare nel mondo ciò che chiunque dotato di buon senso vorrebbe è un immediato disarmo.

Disarmo subito: i numeri della proliferazione nucleare

La corsa al riarmo e la fiducia cieca e sorda di chi ritiene che la guerra in Ucraina possa trovare una soluzione alzando il livello degli armamenti rischia di finire in un vicolo cieco e di farci andare a sbattere contro un muro senza uscita. Quello dell’utilizzo di armi nucleari, che la Russia possiede così come tanti altri Paesi che le hanno nella loro pancia dopo la fine della guerra fredda.
Putin fa tremare il mondo, è vero, soprattutto perché la forza passata della deterrenza sembra oggi più spuntata e il nucleare, che non si può gestire con disinvoltura o con patti tra gentiluomini o presunti tali, oggi può contare anche su una rinnovata ambiguità. Al confine con l’Ucraina Putin può schierare missili come gli Iskander e i Kinzhal che possono essere armati con testate nucleari o convenzionali. Capaci di colpire a 2.000 km di distanza città e centri andando dieci volte più veloce del suono.

C’è chi si sente rassicurato dal ragionamento che in fondo Putin non attaccherebbe mai un Paese europeo o della Nato, perché correrebbe il rischio di una rappresaglia ripagato della stessa moneta. Il Cremlino oggi possiede però 4.477 ordigni con 1.588 testate sempre in allerta e soprattutto il sistema di sicurezza e difesa reciproca si è avviluppato in una sorta di “Dottor Stranamore” di kubrickiana memoria. I sistemi di allarme missilistico non sono congegnati per discriminare e non è facile oggi capire cosa è innestato sui missili, se testate nucleari o meno. Il metodo in uso è infatti quello della ‘reazione immediata’, con tempi di risposta previsti fra 3 e 5 minuti al massimo.

Nonostante il declino post Guerra fredda, gli arsenali nucleari russi e statunitensi sono stracolmi di testate. Anche la Nato è infatti un’alleanza nucleare. Cento bombe tattiche americane da 0,3 a 340 chilotoni sono dispiegate in Europa, in Italia a Ghedi Torre, a 25 chilometri da Brescia. Altre sono direttamente integrate nelle basi statunitensi di Aviano in Friuli. La Francia ha il suo deterrente atomico con 280 testate pronte, la Gran Bretagna ne ha almeno 120.

E poi ci sono gli Stati Uniti, con 3.800 atomiche, 1.400 delle quali sui missili balistici intercontinentali, terrestri e sottomarini, e 300 sui bombardieri strategici. La rinnovata cortina di ferro rischia di mandare in soffitta gli accordi di disarmo, come il trattato New Start. Nella base di Redzikowo in Polonia sono iniziati da tempo i lavori per l’installazione del sistema Aegis Ashore, con una spesa di oltre 180 milioni di dollari. Destinata a diventare la seconda base missilistica Usa in Europa, dopo quella di Deveselu in Romania operativa dal 2015. La funzione ufficiale di queste basi è proteggere, con lo scudo dei missili intercettori SM-3, le forze Usa in Europa e quelle degli alleati europei della Nato.

Anche la Cina non sta certo a guardare e sta costruendo oltre cento nuovi silos per missili balistici intercontinentali a testata nucleare. La corsa agli armamenti insomma è sempre più avviata verso un precipizio, strutturata non tanto sul piano quantitativo (numero e potenza delle testate nucleari) quanto su quello qualitativo (velocità, capacità penetrativa). E la risposta, in caso di attacco o presunto tale, viene sempre più affidata all’intelligenza artificiale, che deve decidere il lancio dei missili nucleari in pochi secondi.

Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato dalle Nazioni Unite nel 2017 ed entrato in vigore nel 2021, è stato finora firmato da 86 Stati e ratificato da 54. Nessuno dei 30 paesi della Nato’ha ratificato e neppure firmato. In Europa vi hanno aderito solo Austria, Irlanda, Malta, San Marino e Santa Sede. Nessuno dei nove paesi nucleari – Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Israele, Cina, Pakistan, India, Nord Corea – l’ha ratificato e neppure firmato.

La bomba lanciata su Hiroshima nel 1945 pesava circa 4.500 chilogrammi e uccise oltre 100.000 persone. Le armi nucleari odierne sono più compatte, pesano solo poche centinaia di chilogrammi, ma hanno il potenziale di uccidere milioni di persone. L’onda d’urto dell’esplosione nucleare sarebbe in grado di distruggere interi edifici fino a decine di chilometri di distanza. Centinaia di migliaia di persone potrebbero rimanere uccise istantaneamente o ferite da detriti o edifici collassanti. Inoltre l’esplosione creerebbe delle onde di luce visibile, infrarossa e ultravioletta che, combinandosi, produrrebbero una sorta di grande palla di fuoco capace di bruciare qualsiasi cosa e di creare ustioni di terzo grado in un raggio ancora più esteso rispetto a quello dei danni da esplosione.

Per non dire della successiva pioggia radioattiva, con conseguenti tumori e malformazioni congenite. Forse bisognerebbe ricordare quello che c’è dietro l’angolo, uno scenario apocalittico, a chi vuol seguire segue la logica del riarmo a tutti i costi e dello scontro machista su chi di armi ne ha di più. Alla fine non si salverebbe nessuno.

Piero Di Domenico