Oggi il Consiglio dei ministri discuterà del cosiddetto Decreto Aiuti quater, il quarto provvedimento, considerati quelli dei governi precedenti, per sostenere famiglie e imprese alla prova del caro bollette e dell’inflazione galoppante, dopo le difficoltà dettate dalla pandemia.
Solo per i bonus 200 euro e 150 euro, il governo Draghi ha speso complessivamente 10 miliardi di euro, ma le misure non hanno risolto in modo strutturale il problema, visto il perdurare della crisi nata da speculazione e guerra in Ucraina.
La mancia non risolve il problema: servono salario minimo e scala mobile
Secondo le indiscrezioni, i provvedimenti che il governo Meloni adotterà non interverranno più con i bonus una tantum a chi percepisce meno di 35mila euro lordi annui, ma si concrentreranno sulle bollette, che sono solo uno dei problemi – certo, fra i più grossi – che cittadine e cittadini stanno affrontando.
I rincari energetici, infatti, hanno trainato in alto i prezzi di tutte le merci, compresi i beni di prima necessità come il cibo. In generale l’inflazione si attesta al 12%, livelli mai visti nel passato recente.
Negli ultimi giorni, inoltre, sono maturate preoccupazioni per la copertura dei costi necessari all’indicizzazione delle pensioni. A gennaio ci sarà uno scatto di circa il 7%, ma i timori riguardano le risorse per ulteriori adeguamenti, così come stabilito dalla legge.
«Sulle pensioni dobbiamo aspettarci brutte sorprese», commenta ai nostri microfoni Giorgio Cremaschi, ex sindacalista ed attivista di Potere al Popolo, che sottolinea la continuità del governo Meloni con quello Draghi: «qualche mancia qua e là, qualche aiutino, senza alcun cambiamento di fondo».
Cremaschi considera «un’infamia» quella annunciata dal governo contro il reddito di cittadinanza: «si preparano a rubare letteralmente i soldi ai poveri». Ed elenca le misure che, invece, non si ha il coraggio di adottare. Come la tassazione degli extraprofitti delle multinazionali, non solo quelle energetiche ma anche quelle dei farmaci che si sono arricchite durante la pandemia. Per l’esponente di Potere al Popolo tassando del 50% gli extraprofitti si otterrebbero subito 20 miliardi di euro.
E poi ci sono misure a costo zero per il governo, che però non vengono adottate «perché questo è un governo di classe, reazionario e fascista»: l’introduzione del salario minimo e l’indicizzazione dei salari al costo della vita: la vecchia scala mobile.
Il salario minimo a 10 euro darebbe già una forma di respiro a molti lavoratori e molte lavoratrici che oggi percepiscono una paga oraria inferiore. Inoltre, secondo Cremaschi, basterebbe mettere un meccanismo di indicizzazione allo stesso salario minimo per avere una sorta di scala mobile.
Tutte misure che Meloni e il suo governo non vogliono adottare, distraendo il Paese con propaganda contro i poveri, i giovani e i migranti.
Anche Potere al Popolo aderisce allo sciopero generale dei sindacati di base, che si terrà il prossimo 2 dicembre e che ha queste questioni al centro.
ASCOLTA L’INTERVISTA A GIORGIO CREMASCHI: