Lo scorso 3 novembre si è tenuta al Tribunale di Parma la prima udienza di un processo che potenzialmente deciderà le sorti della cannabis in Italia. Se i cittadini e le cittadine non hanno potuto esprimersi sulla depenalizzazione in un referendum, a causa della bocciatura della Corte costituzionale, a rischio c’è anche il futuro della cannabis light, un fenomeno esploso nel 2017 e, da allora, fortemente osteggiato dalle autorità, che evidentemente lo considerano un piede di porco per la legalizzazione della droga.

Il processo all’inventore della cannabis light

A sedere sul banco degli imputati, a Parma, è Luca Marola, fondatore di Easy Joint e “inventore” della cannabis light, una sostanza che contiene un livello di thc così basso da non poter essere considerato uno stupefacente.
«Era appena stata approvata una legge che nel primo articolo si definiva a sostegno e a tutela della canapa – ricostruisce Marola ai nostri microfoni – ma che trascurava il fiore e gli estratti di canapa, che a livello globale sono i due prodotti più economicamente interessanti».
Come forma di protesta e disobbedienza civile, quindi, Marola iniziò a mettere in commercio fiori canapa industriale con un livello di thc inferiore allo 0,2%.

È in quel momento che nacque la cannabis light che, di lì a poco, esplose come fenomeno non solo mediatico, ma anche commerciale. Dal nulla infatti, furono creati 14mila posti di lavoro, mentre nacquero 3mila imprese, tra negozi e aziende agricole, che producevano e distribuivano cannabis light. La stima che fa lo stesso inventore è la filiera di cannabis light valga 150milioni di euro all’anno.
«La media del thc di uno spinello da strada è tra i 5 e il 7% – sottolinea Marola – quindi la cannabis light non ha un effetto drogante, non è droga».

Cionostante, la repressione non si è fatta attendere ed ha assunto diverse forme. Dapprima con l’intervento dei Nas per contestare l’etichettatura dei prodotti, poi portando i produttori davanti all’autorità garante del commercio.
Ma poiché questi provvedimenti non hanno prodotto lo stop della commercializzazione, negli anni a venire sono iniziati i sequestri «in funzione del thc». Anche in questo caso, però, l’onda della cannabis light non si è fermata.

Il cambio di passo è arrivato quando lo stesso Marola è stato inquisito, finendo poi a processo, per spaccio. Un’accusa che gli può valere 6 anni di carcere.
«Hanno inventato uno strumento giuridico che bypassa il quantitativo di thc – sostiene il diretto interessato – per arrivare a definire che il fiore della canapa industriale, la cosiddetta cannabis light, se usato per fini diversi rispetto a quelli segnalati dalla legge, diventa in quanto tale droga e come tale deve essere trattata, anche se nei fatti non droga».

Il processo a carico dell’inventore della cannabis light, dunque, non solo simbolicamente ma anche concretamente deciderà il futuro della cannabis nel nostro Paese. A confermarlo ci sono 11 procure italiane, che stanno aspettando la pronuncia nei confronti di Marola per decidere se e come procedere nei confronti di altre persone iscritte nel registro degli indagati.
«Se vinco avremo aggiunto un elemento di chiarezza e di certezza per tutti gli operatori del settore – osserva Marola – Se perdo, questo strumento giuridico verrà esportato in tutte le altre procure d’Italia».

Il crowdfunding e la difesa open source

Data la portata del processo, Marola e gli antiproibizionisti che lo sostengono hanno pensato a difendersi in grande e soprattutto a trasformare il processo a suo carico in un’occasione per chi ne avesse bisogno per conoscere tutte le carte e i meccanismi della repressione e del proibizionismo.
Per questa ragione è stata pensata una “difesa open source“. Da un lato, infatti, come testi e come periti sono stati chiamati i migliori ricercatori sulla cannabis in Europa. Tutte le registrazioni delle udienze, inoltre, verranno messe a disposizione negli archivi di Radio Radicale.

Per poter affrontare una difesa di questo tipo, però, sono necessarie risorse economiche che lo stesso Marola, cui è stata di fatto distrutta l’azienda, non ha più a disposizione.
È così che nasce il crowdfunding “Cannabis leggera, processo pesante” sulla piattaforma Idea Ginger. L’obiettivo da raggiungere per il primo step ammonta a 6mila euro e, a dieci giorni dal lancio della raccolta, si è arrivati al 40%.

ASCOLTA L’INTERVISTA A LUCA MAROLA: