Non sono passate nemmeno due settimane da quando il governo Meloni si è insediato e già fanno discutere molti dei provvedimenti che ha adottato nelle prime ore. Protagonista indiscusso sembra essere il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, “promosso” da capo di Gabinetto di Salvini a titolare del Viminale. A poche ore dall’insediamento ha ripreso la guerra alle ong che salvano vite nel Mediterraneo e, pochi giorni dopo, ha portato in Consiglio dei ministri un provvedimento anti-rave che punisce i raduni techno non autorizzati con pene salatissime, fino a sei anni di carcere e diecimila euro di multa.

Anche i diritti costituzionali vengono messi a rischio con il “reato di rave”

Il provvedimento ieri è stato anche al centro di un botta e risposta tra il leader del Pd Enrico Letta e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Il primo ha lanciato l’allarme chiedendo al governo di ripensarci, il secondo ha replicato che ormai le opposizioni sostengono l’illegalità.
In giornata è arrivata anche la puntualizzazione del Viminale, secondo cui «la norma anti-rave illegali interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo per la salute e l’incolumità pubbliche». Secondo il Ministero, quindi, il provvedimento «non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà di manifestazione sanciti dalla Costituzione e difesi dalle Istituzioni». Interpretazione che non trova d’accordo in molti.

Se la repressione nei confronti dei giovani che si macchierebbero di questo fantomatico “reato di rave” appare dura, la formulazione del testo del provvedimento appare ancora più inquietante, perché potrebbe essere esteso ad altre sfere della vita civile, inclusi alcuni diritti costituzionali, come quello alla libertà di riunione.
Sono diversi i costituzionalisti e i giuristi ad aver lanciato l’allarme in queste ore. Il presidente delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, sottolinea che il nuovo reato di rave, viste le pene previste, rende possibili le intercettazioni. Angelo Schillaci, docente di Diritto pubblico comparato all’Università La Sapienza di Roma, ieri commentava così la nuova norma: «I rave c’entrano poco o nulla, non da ultimo perché, volendo, le norme per intervenire c’erano già. Viene piuttosto messa a rischio la libertà di riunione, costituzionalmente garantita dall’articolo 17».

Ai nostri microfoni Schillaci dettaglia meglio la sua preoccupazione. «Ci sono dei problemi sulla chiarezza della formulazione di questa norma, ci sono dei problemi in relazione allo strumento con cui la norma è stata approvata, cioè un decreto legge, ma soprattutto quello che a me preoccupa è un profilo di contrasto con la libertà di riunione di cittadini riconosciuta e protetta dalla Costituzione», spiega il docente. In particolare, la legge rischia di andare a colpire tutte quelle manifestazioni che prevedano più di 50 persone che non siano state preavvisate. Non solo rave, quindi, ma anche occupazioni scolastiche o scioperi e picchetti sindacali.

«Oggi per le riunioni in luogo pubblico non è necessaria alcuna autorizzazione da parte della pubblica autorità – sottolinea il docente – ma è necessario che la riunione venga pre-avvisata in modo che l’autorità possa valutare se sussistono dei comprovati motivi di sicurezza e incolumità pubblica che possano giustificare una restrizione della riunione». Tuttavia, qualora la riunione non sia stata preavvisata, oggi non può essere sciolta.
Con la nuova norma, invece, accade che tutte le riunioni non pre-avvisate diventano reato qualora da esse possa derivare il pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza. In altre parole, è alle autorità viene data una grande discrezionalità su cosa possa rappresentare un pericolo e soprattutto decade la necessità di comprovarlo.

Un altro aspetto problematico della norma, che potrebbe violare il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, è la severità della pena. Per l’omicidio colposo, in Italia, il massimo della pena è di 5 anni di reclusione. Per i rave, secondo la nuova norma, gli anni di reclusione sono 6.
Non solo: «Esiste già l’articolo 633 del codice penale che punisce l’occupazione di fondi o terreni di proprietà altrui, per il quale le pene sono più basse – osserva Schillaci – Se fattispecie di reato simili sono punite con pene così diverse, a mio modo di vedere c’è un problema».
Oltre alle leggi, però, il docente di Diritto pubblico comparato sottolinea come ci siano anche le buone pratiche di gestione della casistica, come è avvenuto a Modena, dove lo sgombero si è svolto in modo pacifico dopo una trattativa con gli organizzatori.

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