La notizia è arrivata nella notte per cui non è presente nei quotidiani oggi in edicola. Ma visto l’orientamento di molta della stampa e delle politica italiane qualcuno avrà tirato un sospiro di sollievo. Il cosiddetto “Trilogo”, cioè un’assise composta da Commissione, Consiglio e Parlamento europeo, ha trovato un accordo su temi che, in questi giorni, stanno facendo discutere in Italia. Si tratta di un documento che riguarda le “retribuzioni eque”, un problema sempre più stringente a causa dell’inflazione innescata anche dalla guerra in Ucraina.
Da un lato il salario minimo, misura che manca nel nostro Paese e in soli altri cinque Stati europei. Dall’altro un sistema di adeguamento salariale all’inflazione, che alle nostre latitudini si chiamava “scala mobile”. Infine, anche se non presente nel testo dell’accordo di ieri notte, arriverà anche un provvedimento che chiede una misura di sostegno di base, che nello Stivale si chiama reddito di cittadinanza. Misure che i Paesi membri sono invitati a introdurre nelle proprie legislazioni nazionali, anche se la direttiva che ne deriverà non avrà valore vincolante.
Salario minimo e scala mobile: le novità dall’Europa
È passato più di un anno e mezzo da quando la Commissione europea, presieduta da Ursula von der Leyen, avanzò la sua proposta sul tema del salario minimo. Solo la scorsa notte, però, in sede europea si è arrivati all’approvazione di un accordo che a metà giugno si trasformerà in una direttiva.
Una delle decisioni più rilevanti riguarda l’Automatic Indexation, cioè l’indicizzazione automatica del salario minimo, che dovrà essere agganciato all’inflazione con un meccanismo che ricorda quello della scala mobile in vigore in Italia negli anni ’80.
Il salario minimo, tuttavia, non sarà un obbligo per i Paesi membri dell’Ue. La Commissione non può infatti legiferare in materia di remunerazioni, ma può suggerire caldamente di promuovere salari minimi «adeguati ed equi» in tutto il suo territorio. Tra i 27 membri dell’Ue, ben 21 hanno adottato una misura in materia di salario minimo, mentre all’appello mancano Austria, Svezia, Danimarca, Finlandia, Cipro e ovviamente l’Italia.
Lo scopo della direttiva è quello di garantire una vita dignitosa ai lavoratori e ridurre la povertà lavorativa e, prevenendo le polemiche che puntualmente si manifesteranno, dice anche che un provvedimento del genere non avrà un impatto negativo sull’occupazione, come dimostra il caso tedesco.
Reddito di cittadinanza: in autunno una raccomandazione
Secondo quanto ricostruisce questa mattina la versione online di Repubblica, tra settembre ed ottobre prossimi, sempre in merito al sostegno della vita delle persone, arriverà dal Consiglio, su suggerimento della Commissione, una raccomandazione per il “reddito minimo”. In Italia una misura del genere esiste già e si chiama Reddito di cittadinanza, preceduto dal “Reddito di inclusione”. L’Ue inviterà, sempre in modo non vincolante, a inserire nelle rispettive legislazioni una misura a favore di un sostegno universale. Rispettando il principio della “adeguatezza”.
Tutto ciò avviene in un contesto in cui le forze che si considerano più europeiste, Italia Viva in primis, spingono per cancellare il sussidio voluto dal Movimento 5 Stelle. Ad alimentare le polemiche dei renziani, nelle ultime settimane, è arrivata anche Confindustria, che ha sostenuto che il sussidio (che in media si colloca sui 500 euro) entra in competizione con le remunerazioni praticate dalle aziende italiane e ciò spiegherebbe le difficoltà di molti settori produttivi, agricoltura e turismo in primis, a reperire manodopera sufficiente.
Le proposte in campo in Italia
Mentre in Parlamento ben poco si muove, è dalla società civile che arrivano novità interessanti. Già dall’anno scorso la rete Up-Attiviamoci ha lanciato la campagna Sotto dieci è sfruttamento. Scopo: introdurre nel nostro paese il salario minimo a 10 euro.
«Per noi salario minimo e Reddito di cittadinanza sono complementari. Nell’insieme permettono a tutti di vivere in modo dignitoso». A parlare ai nostri microfoni è una delle promotrici della campagna, Raffaella Casciello. «La direttiva europea è una buona notizia, ma non festeggiamo troppo presto: non è vincolante e non indica una cifra alla quale agganciare il salario».
Il Ministro del lavoro Orlando ha plaudito alla direttiva, ma non si è impegnato per l’introduzione della misura anche in Italia. «Il Ministro del lavoro dovrebbe fare il Ministro del lavoro» gli risponde Casciello «esistono tali sacche di lavoro povero nel nostro Paese che è indispensabile ricorrere a strumenti che cambino la situazione. Bisogna prendere atto dell’inflazione alle stelle, bisogna prendere atto del fatto che ci sono lavoratrici e lavoratori che non arrivano alla seconda settimana del mese, bisogna prendere atto del fatto che i giovani sono stanchi di vivere in case condivise perché non possono permettersi un vero affitto. In mezzo ai dati ci sono le vite delle persone».
Se il salario minimo fosse realtà, chi se ne avvantaggerebbe di più, chiediamo. «Sicuramente i lavoratori poveri. Non solo i giovani pagati 500 euro al mese coi finti part time – che pure ci sono – ma anche categoria che, pur sottoposte alla contrattazione collettiva, non raggiungono salari dignitosi. Io lavoro nella scuola, e penso ai miei colleghi che si occupano dell’utenza fragile, gli studenti con disabilità, e guadagnano meno di dieci euro l’ora. Vi dico di più: anche le imprese se ne avvantaggerebbero. Aumentare gli stipendi ha effetti positivi anche sulla produttività, ma la nostra classe imprenditoriale è così stracciona e provinciale da non rendersene conto»
ASCOLTA L’INTERVISTA A RAFFAELLA CASCIELLO:
Alessandro Canella e Lorenzo Tecleme