La pagina Facebook del Tpo, il centro sociale di via Casarini a Bologna, è stata di nuovo oscurata. Per la terza volta in due anni il social network di Mark Zuckerberg ha deciso unilateralmente di chiudere la pagina senza che vi fosse stata da parte degli attivisti alcuna condotta in contrasto con le policy o gli standard della community.
«La piattaforma ha deciso arbitrariamente e già 2 anni fa di cancellare a prescindere la voce di una comunità politica, sociale e culturale senza spiegarne il motivo e senza dare nessuna possibilità di appello», denuncia sul suo profilo personale Flavia Tommasini del Tpo.

Tpo, la censura immotivata di Facebook

Tutto è cominciato nel 2019, in occasione dell’ennesima aggressione della Turchia alla popolazione curda in Rojava. Il Tpo, insieme a molte realtà di movimento e testate indipendenti italiane cominciarono a denunciare su Facebook i crimini di Erdogan e del suo esercito ma, in seguito a numerose segnalazioni – un’ipotesi fu l’azione organizzata di gruppi di sostenitori del dittatore turco – molte pagine furono sospese o cancellate.
A seguito di quegli episodi si sviluppò anche un dibattito sulla contraddizione di un social network privato che di fatto esercita un ruolo di piazza pubblica nella comunicazione.

Da quel momento per il Tpo non c’è più stata pace ed ogni tentativo di riaprire la pagina, anche cambiando alcuni parametri, è sempre incappato nella censura. L’ultimo tentativo è stato due giorni fa e oggi il nuovo oscuramento.
«In 48h Facebook ha già bloccato la pagina nuova del Tpo (la terza dal 2019) – scrive Tommasini – decidendo che è uguale alle precedenti e senza dare nessuna motivazione. Ci consigliano di cambiare nome, indirizzo e ragione sociale. Credo che non sia possibile».
L’attivista del Tpo sottolinea altresì come: «I contenuti razzisti, omofobi, sessisti, transfobici che incitano all’odio sono tollerati, ma la pagina di una realtà che sviluppa alternativa, solidarietà e reti reali nel territorio viene chiusa».