Con lo scopo di favorire un cambio radicale nel sistema di produzione, distribuzione e consumo di cibo è nata nel nostro territorio la “Rete per la sovranità alimentare in Emilia Romagna”. Si tratta si una coalizione di singoli, associazioni e gruppi, lontana da fazioni e logiche di partito, che vorrebbe diventare il principale interlocutore in grado di influenzare le scelte politiche regionali verso “reti alimentari contadine” e iniziative di economia solidale, preziose per salute, lavoro e territorio.

Sovranità alimentare, una rete agricola per cambiare modello di produzione e distribuzione

Questa rete nasce tra contadinә e cittadinә che gravitano attorno a Campi Aperti, Camilla Emporio di Comunità ed Arvaia Csa, ma si sono aggregate anche altre persone sensibili a temi come “genuinità del cibo” e del “consumo critico” per promuovere modelli di consumo e produzione che rispettino i principi dell’agroecologia. I principi su cui si basano sono: minimizzare gli sprechi, utilizzare in modo razionale le risorse e favorire produzioni biologiche locali e realtà dell’economia solidale.

Poter decidere in autonomia il sistema di distribuzione del cibo senza dovere seguire i dettami del mercato globale è ciò che sta alla base del concetto di “sovranità alimentare”, che consentirebbe di valorizzare i prodotti tipici locali e ridurre gli sprechi salvaguardando il territorio e la biodiversità e mantenendo in vita tradizioni locali.
La rete ha anche redatto un documento-manifesto che, come afferma Carlo Farneti di Campi Aperti, «è rivoluzionario ma anche ragionevole, perché spieghiamo come secondo noi è possibile passare da un sistema di dominio dell’agricoltura industriale e della grande distribuzione organizzata, che si sta allargando, al sistema che noi chiamiamo delle reti alimentari contadine».

Le reti alimentari contadine sono un sistema di agricoltura agro ecologica di prossimità, fatta da piccole e medie aziende agricole che distribuiscono i loro prodotti direttamente sul territorio. Il modello da combattere sarebbe quindi quello dell’agricoltura intensiva che inquina con l’uso di pesticidi e fertilizzanti, dannosi sia per l’ambiente che per le persone, emissioni di gas che contribuiscono all’effetto serra, erode il terreno, contribuisce alla perdita di biodiversità e soprattutto allo sfruttamento dei braccianti che sarebbe «strutturale rispetto al sistema della grande distribuzione», sottolinea Farneti.

La rete lancia anche un appello alle istituzioni che dovrebbero mettere al centro delle loro politiche l’agricoltura e i mercati contadini, esperienze di economia solidale, collaborazioni con i negozi di vicinati, ristorazione artigianale e l’avvicinamento tra città e campagna.
Per questo la rete ha proposto una serie di interventi che non possono più essere rimandati, come la promozione e il sostegno dei circuiti solidali commerciali per le produzioni agroecologiche, l’agevolazione dell’accesso alla terra delle nuove generazioni, l’orientamento del Piano di Sviluppo Rurale al sostegno dell’agricoltura contadina, la possibilità che tutti i cittadini abbiano accesso alla terra per l’autoproduzione del cibo, l’orientamento della ricerca pubblica verso l’agroecologia e la tutela della salute, il sostegno della biodiversità, la produzione e utilizzo delle sementi comunitarie, la diffusione della consapevolezza alimentare e della responsabilità sociale e il contrasto dello sfruttamento del lavoro, attraverso la garanzia di condizioni dignitose e un’equa retribuzione.

Manuela Bassi

ASCOLTA LE PAROLE DI CARLO FARNETI: