Nella mattinata del giorno in cui il sindaco di Bologna Matteo Lepore presentava la contestata manovra tariffaria di Tper, con aumenti su biglietti singoli, giornalieri, citypass e abbonamenti mensili, la presidente della spa dei trasporti di Bologna e Ferrara, Giuseppina Gualtieri, mostrava alla stampa uno dei bus a idrogeno che verranno acquistati.
Nel complesso Tper acquisterà 137 bus a idrogeno, di cui 127 circoleranno a Bologna e 10 a Ferrara. La maggior parte dei fondi per il loro acquisto proviene dal Pnrr, ma Tper dovrà comunque sborsare di tasca propria 5,4 milioni di euro, che in un momento critico come quello attuale, quando vengono richiesti maggiori esborsi ai due terzi degli utilizzatori dei bus cittadini, fa storcere qualche naso.
Tper rincara i biglietti dei bus e spende soldi per l’idrogeno, costoso ed energivoro
Nello specifico, l’acquisto dei 137 bus comporta una spesa di 80,8 milioni di euro, di cui 75,4 coperti dal Pnrr. I restanti 5,4 milioni, invece, provengono da risorse di Tper, in particolare 5 milioni su Bologna e 400mila euro su Ferrara.
L’acquisto ha lasciato interdetti i Verdi, che avrebbero invece preferito l’acquisto dei tradizionali bus elettrici. La ragione non è solo economica: l’idrogeno, venduto come combustibile a impatto zero, in realtà allo stato attuale è meno sostenibile e molto più energivoro di quanto si dica.
A spiegare come ciò sia possibile è, ai nostri microfoni, Nicola Armaroli, direttore di ricerca del Cnr. L’esperto sottolinea che molto dell’impatto effettivo dell’utilizzo di idrogeno per muovere i bus dipende da come viene prodotto.
«Non è un gas libero in natura e occorre produrlo – osserva Armaroli – Si può produrre dal metano (il cosiddetto idrogeno blu, ndr) o utilizzando elettrolizzatori, quindi l’elettricità per scindere l’idrogeno dall’acqua (l’idrogeno verde, ndr). Il problema è che questa operazione costa un sacco di energia, quindi l’autobus a idrogeno per fare gli stessi chilometri di un corrispondente autobus a batteria, consuma tre volte più energia a monte».
Un altro problema è relativo alla sicurezza. Se la produzione di idrogeno non avviene nel luogo in cui poi verrà consumato, occorre trasportarlo su camion bombolai, che essi stessi costano, inquinano e consumano carburante. Poiché si tratta del gas più leggero dell’universo, soggetto a fughe, occorre comprimerlo o liquefarlo a bassissima temperatura, oltre i -250°, operazione ulteriormente costosa dal punto di vista energetico.
I dubbi sull’utilizzo dell’idrogeno, allo stato attuale della ricerca, riguardano quindi sia la sostenibilità economica che quella ambientale. «Purtroppo l’idrogeno verde ha ancora un problema enorme di costi – spiega Armaroli – perché costa tra le 3 e le 6 volte di più della produzione da metano». È per questo che al momento in Italia non sono noti siti di produzione di idrogeno verde su scala industriale.
Visti tutti questi limiti, perché allora Tper ha deciso di puntare su questo carburante?
«La corsa ai mezzi a idrogeno è legata ai fondi del Pnrr, che prevedevano una quota per la produzione di flotte a idrogeno – osserva Armaroli – A me i conti di questa operazione non tornano, però aspettiamo i dati ufficiali e vediamo come verrà prodotto l’idrogeno che utilizzeranno i bus a Bologna».
In realtà un piano c’è ed è quello di trasformare Modena in una “Hydrogen Valley”. L’obiettivo è la creazione di un impianto di produzione che, secondo i piani, potrà essere gestito da una “società veicolo”, cioè da una società ad hoc controllata dal Gruppo Hera e partecipata da Snam, che si occuperà, oltre che della produzione, anche della commercializzazione dell’idrogeno verde.
Ammesso che la produzione modenese riesca a coprire anche il consumo di Bologna e Ferrara per i bus del trasporto pubblico, con la tecnologia attuale resta aperto il capitolo dei costi, che risultano tripli rispetto agli attuali bus elettrici.
Non è quindi da escludere che parte della manovra tariffaria decisa su Tper voglia assorbire anche i futuri rincari dei costi per utilizzare bus a metano.
In una recente intervista, Lepore ha affermato che il taglio del governo al fondo nazionale per il Tpl induce a cercare tra i 16 e i 20 milioni di euro in più. L’investimento per l’acquisto dei bus a idrogeno, però, da solo rappresenta più di un quarto delle risorse che invece si conta di ricavare dagli aumenti sui biglietti.
ASCOLTA L’INTERVISTA A NICOLA ARMAROLI: