Acqua, rifiuti ed energia. Sono su questi temi le proposte di legge di iniziativa popolare, per cui la Rete Emergenza Climatica e Ambientale e Legambiente Emilia-Romagna stanno raccogliendo le firme, che abbiamo analizzato in questi giorni. All’appello ne manca una, quella sul consumo di suolo, un’altra delle emergenze anche del nostro territorio. Tra il 2019 e il 2020, solo in Emilia-Romagna, sono stati cementificati 425 ettari. Tutto ciò nonostante la legge urbanistica 24 del 2017 che, secondo viale Aldo Moro, avrebbe fermato il consumo di suolo, ma con molte deroghe.

Una proposta di legge contro il consumo di suolo per fermare i trucchetti dei poli logistici

È proprio dall’analisi di ciò che ha funzionato, ma soprattutto cosa non ha funzionato della legge urbanistica regionale che nasce invece la proposta di legge di Reca e Legambiente.
«Noi affermiamo un principio – spiega ai nostri microfoni Gabriele Bollini, docente di Ingegneria per la sostenibilità dell’ambiente all’Unimore e relatore della proposta – Noi diciamo stop al consumo di suolo subito, non al 2050 come affermato dall’Europa e recepito dalla Regione».
In particolare, nella proposta si concede di consumare suolo solo per opere pubbliche e non per opere di interesse pubblico.

«Non esiste una definizione giuridica di opere di interesse pubblico – osserva Bollini – ciò dipende dalla sensibilità e dall’etica del periodo storico». E proprio questo “malinteso” è ciò che ha reso possibile, in questi ultimi anni, l’esplosione delle richieste per la realizzazione di poli logistici. Alcuni progetti sono stati fermati, come quello ad Altedo, altri proseguono il loro iter, sempre perché ritenuti opere di interesse pubblico.
Al contrario, uno dei cardini della proposta di legge è quello della rigenerazione urbana, cioè di intervenire su ciò che è già urbanizzato e spesso in stato di abbandono. Su questo punto, in particolare, la proposta di legge impone a tutti gli Enti territoriali il censimento dell’esistente e la revisione dei piani urbanisti.

Un altro principio affermato nella proposta riguarda gli oneri di urbanizzazione, cioè quei fondi che i costruttori privati versano nelle casse pubbliche proprio per la possibilità di urbanizzare. In questi decenni, anche a causa del taglio dei trasferimenti dallo Stato agli Enti locali, si è generata una dinamica perversa, per la quale gli oneri di urbanizzazione venivano utilizzati per la spesa corrente delle Amministrazioni, quindi per i servizi.
In questo modo i Comuni sono stati incentivati a concedere urbanizzazioni in modo da avere risorse per i propri bilanci. La proposta di legge, invece, impone che quegli oneri debbano essere utilizzati esclusivamente per il loro scopo, cioè per le urbanizzazioni primarie e secondarie.

Ancora: la proposta di legge impone uno stop alle proroghe dei piani urbanistici e dice no all’allargamento delle attività produttive in prossimità. «Penso al caso di Ozzano – sottolinea Bollini – dove troviamo attività produttive che hanno allargato gli insediamenti anche a cinque chilometri dalla sede originaria». Un concetto di prossimità molto largo, insomma.
Più in generale la proposta di legge contro il consumo di suolo vuole giocare anche un ruolo culturale, invitando i cittadini e le cittadine ad impadronirsi della città e non pensare che l’urbanistica sia solo una materia tecnica. Al pari dell’economia e della finanza, si tratta di un tema che riguarda direttamente la vita di tutte e tutti.

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