In Emilia-Romagna ciascun cittadino produce ancora 250 kilogrammi di rifiuti urbani all’anno, che in totale fanno oltre un milione di tonnellate che finiscono negli inceneritori. A quelli urbani si aggiunge poi un’analoga quota di rifiuti speciali. Tutto ciò in un quadro in cui nel mondo stiamo utilizzando il 170% delle risorse disponibili, ma in Italia il valore sale al 270%.
È per cambiare queste storture che, all’interno delle proposte di legge di iniziativa popolare per cui la Rete Emergenza Climatica e Ambientale e Legambiente stanno raccogliendo le firme, una riguarda proprio il tema dei rifiuti.

La proposta di legge sui rifiuti in Emilia-Romagna

A fornire i numeri della quantità di rifiuti prodotti dagli emiliano-romagnoli è Natale Belosi, esperto di gestione integrata dei rifiuti e relatore della proposta di legge. Il dato dei 250 kilogrammi, in realtà, non è uniforme su tutto il territorio regionale. «C’è una grossa differenza tra Comune e Comune – spiega Belosi ai nostri microfoni – Ci sono Comuni che hanno ridotto i rifiuti da smaltire in discarica e inceneritore sotto i 100 kilogrammi pro capite e altri che sono molto al di sopra, sui 300 o 400. Molto dipende dalla gestione della raccolta degli stessi rifiuti».

Molti rifiuti significa quindi molti sprechi e anche l’uso – o meglio: l’abuso – di molte materie prime. Per questo la proposta di legge di iniziativa popolare punta, da un lato, a ridurre la quantità di rifiuti e, dall’altro, a procedere in modo più convincente di quanto l’Emilia-Romagna faccia ancora verso il riuso e il riciclo.
«Occorre eliminare tutto ciò che è l’usa e getta, ma anche guardare tutte le filiere, intervenire su tutti i processi produttivi per ridurre gli scarti e fare in modo che i beni, quando per qualcuno sono a fine vita, per altri possano essere utili. Bisogna allungare la vita degli oggetti anche attraverso la manutenzione», osserva Belosi.

La ragione fondamentale per fare tutto ciò, oltre ai problemi logistici contingenti, è essenzialmente climatica. L’incenerimento, ad esempio, oltre a rilasciare sostanze nocive per la salute dell’uomo e dell’ambiente produce emissioni climalteranti più alte di quelle del petrolio e seconde solo al carbone.
A ciò si aggiunga che gli inceneritori hanno una resa bassissima, pari al 20%. «Nella proposta di legge vengono presi in considerazione anche tutti quegli strumenti tecnologici per arrivare vicini a zero sui rifiuti che non vengono riciclati – spiega il relatore – ad esempio sostituendo l’incenerimento con la selezione del rifiuto residuo perché così è possibile dimezzare la quota di rifiuti da smaltire».

A caratterizzare la proposta di legge sono anche meccanismi molto vincolanti presenti già nel testo. «Non abbiamo messo solo dei principi da seguire – specifica Belosi – perché molto spesso nelle leggi si mettono i principi e nei decreti si mettono le cose da fare che molto spesso contraddicono i principi stessi».
In particolare, dopo uno studio durato dieci anni delle migliori pratiche sui rifiuti in diversi territori, al punto da ottenere un quadro che contiene proposte sperimentate con successo, quindi assolutamente praticabili.
Tra queste, meccanismi economici per disincentivare la produzione di rifiuti e favorire il riciclaggio. «Non si tratta di un aggravio economico – osserva l’attivista – ma di una partita di giro: quello che si spende di più per pratiche negative si recupera per pratiche virtuose».

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