La decisione del sindaco di Bologna Matteo Lepore di affiggere sulla facciata di Palazzo D’Accursio la bandiera palestinese ha provocato una polemica durata giorni. Oltre all’estrema destra, anche la comunità ebraica bolognese ha criticato la scelta, sostenendo l’assunto per il quale esporre la bandiera palestinese equivarrebbe a legittimare il terrorismo e Hamas. Un salto logico a cui ieri ha dato risposta anche la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein, che difendendo Lepore ha sottolineato che equiparare un intero popolo a una formazione come Hamas non è corretto e non aiuta nemmeno ad isolare la stessa Hamas.
La presa di parola del Cassero sul conflitto in Palestina e la bandiera sul Comune
Tra le diverse voci apparse sulla stampa locale c’è anche quella di Franco Grillini, presidente onorario di Arcigay, che ha invitato Lepore ad affiggere anche la bandiera della pace, in modo da rendere più chiaro il messaggio, altrimenti considerato provocatorio.
A prendere parola, oggi, è una delle “istituzioni” della comunità lgbtq bolognese, il Cassero, che difende la scelta del sindaco, contesta sul piano simbolico l’affissione della bandiera israeliana, critica che venga dato spazio sulla stampa solo a posizione di associazioni lgbtq filoisraeliane, sottolinea il pink washing di Tel Aviv e rimarca il proprio impegno contro l’oppressione della popolazione palestinese.
In questi mesi il Cassero ha aderito al comitato cittadino “Bologna per la Palestina” e condivide le battaglie che sta portando avanti, come la richiesta alle istituzioni di adottare un codice etico per escludere dagli appalti e dagli acquisti pubblici quelle aziende che si rendono complici della violazione dei diritti umani, o come il pressing sui supermercati rispetto ai prodotti israeliani.
Oltre a ciò, la comunità lgbtq bolognese ha partecipato e aderito alle mobilitazioni dei Giovani Palestinesi, a una realtà come Queer for Palestine, e annuncia che nel prossimo Rivolta Pride, che si svolgerà il 6 luglio, il tema della Palestina sarà uno di quelli portati in piazza.
Dal 7 ottobre ad oggi non sono mancati, all’interno dei sostenitori dello “scontro di civiltà”, i giornalisti che hanno chiesto alla comunità lgbtq come sia possibile sostenere una popolazione islamica, religione che spesso non rispetta i diritti delle persone omosessuali né delle donne.
«Posizionarsi su un genocidio a partire da questi presupposti mi sembra completamente assurdo – risponde ai nostri microfoni Camilla Ranauro, presidente del Cassero – Anche il nostro Paese è in palese violazione dei diritti delle persone lgbtq, ma non per questo lo consideriamo non degno della solidarietà. Crediamo che esprimere solidarietà a un popolo oppresso da una potenza coloniale sia un dovere».
Quanto alle bandiere sul Comune, il Cassero ritiene sbagliato affiggere quella israeliana, perché «c’è un rapporto di potere coloniale da parte di Israele nei confronti del popolo palestinese – osserva Ranauro – Mettere sullo stesso piano i due popoli cancella completamente questa lettura. Noi siamo per il cessate il fuoco immediato e una prospettiva di pace, ma la questione non comincia il 7 ottobre, sono 76 anni che Israele insegue questa strategia coloniale e non si può fare finta che in corso ci sia un litigio tra due popoli alla pari».
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