Dopo il successo della raccolta di firme per i referendum sulla cannabis e quello sull’eutanasia, c’è già chi tira il freno sulla partecipazione democratica di cittadine e cittadini. In particolare, esponenti politici, giornali e alcuni costituzionalisti sostengono che dovrebbe essere aumentato il numero di firme da raccogliere o che la modalità della firma digitale non garantirebbe la consapevolezza di chi firma circa la materia del referendum. Argomentazioni che sembrano un pretesto per limitare la democrazia e riconferire ai partiti una primazia su temi sentiti dalla popolazione sui quali hanno a lungo latitato.

Firme digitali per i referendum, una battaglia che ha una lunga storia

La possibilità della firma digitale per la raccolta di firme per i referendum è stata introdotta di recente, grazie ad un emendamento presentato dal deputato di PiùEuropa Riccardo Magi e votato all’unanimità.
In Parlamento, però, evidentemente pochi si aspettavano che la possibilità sarebbe stata utilizzata così massicciamente su temi che la politica considera spinosi.

La raccolta di firme per il referendum sull’eutanasia si è svolta in modalità mista, con i tradizionali banchetti a cui è stata affiancata la nuova modalità digitale. Sono 900mila le firme raccolte fino a questo momento con questa duplice possibilità.
Visti i tempi ristretti e la complessità logistica della raccolta attraverso i banchetti, il referendum per la legalizzazione della cannabis ha invece optato solo per la modalità digitale e in una settimana ha raggiunto le 500mila firme necessarie.

«L’emendamento che presentai nasce da una lunga battaglia radicale, che all’Italia è valsa anche la condanna dell’Onu per ostacoli irragionevoli alla possibilità di promuovere i referendum – racconta ai nostri microfoni Magi – Lo Spid o altre modalità di identificazione digitale sono uno strumento che i cittadini utilizzano quotidianamente per tanti atti di natura fiscale, per iscrivere i figli a scuola o dialogare con la pubblica amministrazione».

Consapevolezza e numero di firme: critiche strumentali

Curioso, dunque, che il problema sia stato posto solamente quando cittadine e cittadini manifestano la propria volontà politica attorno a un referendum. E proprio su queste obiezioni sollevate Magi risponde smontandole una a una. «La questione della consapevolezza è un argomento molto debole, perché altrimenti dovremmo dire che il cittadino è inconsapevole anche quando paga con lo Spid una cartella esattoriale di migliaia di euro o quando fa la dichiarazione dei redditi. Oppure diventa non consapevole solo quando firma un referendum?».

Il deputato di PiùEuropa interviene anche sulla questione del numero di firme: «Questo dibattito è basato su una paura che non inquadra bene la situazione. Negli ultimi dieci anni sono state depositate leggi di iniziativa popolare sulla legalizzazione dell’eutanasia e della cannabis, sullo ius soli e il superamento della legge Bossi-Fini, ma il Parlamento non le ha nemmeno prese in considerazione».
Non è dunque solo la modalità di raccolta di firme la ragione alla base del successo di una campagna e, per dimostrarlo, Magi cita l’idea di Matteo Renzi di lanciare un referendum contro il reddito di cittadinanza, di cui non si è avuta più notizia.

Il deputato risponde anche a chi teme che ora ci sarà una pioggia di referendum, ricordando che la legge italiana pone dei vincoli. In particolare, finita la finestra di settembre-ottobre 2021, se ne riparlerà nel 2024, poiché non è possibile presentare richieste nell’anno precedente alla fine della legislatura e fino a sei mesi dopo le elezioni politiche.
«Possiamo aprire il dibattito se ci sono correttivi – aggiunge Magi – però allora discutiamo anche del quorum, dal momento che alle elezioni politiche si viene eletti con metà dell’elettorato che non si reca alle urne».

La vera preoccupazione riguarda le materie dei referendum

Per i radicali, dunque, si può discutere dell’argomento, ma per rafforzare la partecipazione, non per affossarla.
E qui spunta il nodo vero della questione. La critica alla modalità di raccolta delle firme sembra più un prestesto per non evocare il tema vero, cioè l’oggetto dei referendum proposti di recente, che vanno a toccare temi che i principali partiti considerano divisivi e che hanno deciso deliberatamente di rimuovere dall’agenda politica.
«Non ci si deve sorprendere se poi c’è una risposta straordinaria dai cittadini, che sono consapevoli che su certi temi il Parlamento non vuole decidere».
Al contrario, la risposta della cittadinanza non si manifesta quando vengono proposti dei referendum che Magi definisce propagandistici, come quello contro il reddito di cittadinanza o contro il Green Pass.

ASCOLTA L’INTERVISTA A RICCARDO MAGI: