Sabato 6 luglio a Bologna torna il Rivolta Pride, la manifestazione annuale della comunità lgbtq. L’appuntamento è alle 15.30 in piazza XX settembre, da dove, alle 17.00, partirà il corteo che terminerà ai Giardini Margherita.
I temi principali al centro dell’edizione 2024 riguardano i diritti delle persone trans, sempre più ostacolate nella loro autodeterminazione, e la solidarietà con la popolazione palestinese, sotto assedio dal 7 ottobre a Gaza.
Queste tuttavia non sono le uniche rivendicazioni che le persone lgbtq porteranno in piazza. Nella ricca piattaforma elaborata dalle realtà che organizzano il Rivolta Pride, infatti, troviamo molti temi, alcuni dei quali riguardano anche la “quotidianità” dell’esistenza delle persone lgbtq.
In particolare, i problemi che affrontano tutti, come l’accesso alla casa a Bologna, il lavoro, il reddito e l’accesso alla sanità, per le persone gay, lesbiche, trans e queer si caricano dell’ulteriore peso della discriminazione.
Le rivendicazioni del Rivolta Pride: più servizi contro le discriminazioni alle persone lgbtq
Da un paio d’anni a Bologna sono nati due sportelli antidiscriminazione che hanno aiutato a fotografare meglio le problematiche delle persone lgbtq. Uno sportello è gestito dal Cassero e uno dal Mit e la raccolta statistica dei casi segnalati da chi vi si rivolge permette di affermare che anche in una città come Bologna, considerata lgbtq friendly, le difficoltà e le discriminazioni non mancano.
«Per la casa, ad esempio, le persone lgbtq possono incappare in discriminazioni da parte delle agenzie o dei proprietari – spiega ai nostri microfoni Camilla Ranauro, presidente del Cassero – oppure discriminazioni e violenze all’interno della casa, ad esempio coi coinquilini».
Anche nell’accesso ai servizi, come quello sanitario, i problemi non mancano. «Alcune persone non si rivolgono proprio ai servizi, altre non rivelano pienamente la propria identità di genere o il proprio orientamento sessuale per paura di incorrere in discriminazioni e tra quelle che lo fanno c’è chi subisce discriminazioni», sottolinea Ranauro.
È per questa ragione, ad esempio, che il Cassero ha accolto favorevolmente la novità presentata questa settimana a Bologna a proposito delle identità alias sui mezzi del trasporto pubblico, in modo che le persone trans possano sentirsi più serene.
In generale Bologna offre servizi per contrastare le discriminazioni alle persone lgbtq, tra quelli messi in piedi dalla comunità stessa e quelli finanziati e sostenuti dalle istituzioni. Quindi la situazione è migliore che altrove, ma per Ranauro quei servizi vanno potenziati, messi a sistema e integrati, anche con maggiori finanziamenti, per risultare davvero efficaci.
Un esempio citato è quello dei posti nell’accoglienza dei richiedenti asilo riservati alle persone lgbtq. «A volte sono misure solo nominali – osserva la presidente del Cassero – e bisogna chiedersi se quel servizio risulta davvero accogliente per le persone».
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I molteplici attacchi alle famiglie omogenitoriali
Da quando si è insediato il governo Meloni, in Italia si registrano molteplici attacchi alle famiglie omogenitoriali. La prima questione balzata all’onore delle cronache è quella della registrazione anagrafica dei figli nati da coppie omogenitoriali, che il governo e alcune procure hanno cercato di stoppare.
Del clamore per quei casi il governo Meloni ha approfittato per affondare il colpo contro la gestazione per altri (Gpa). Proprio ieri la commissione del Senato ha dato il via libera alla legge che renderebbe la gpa reato universale. «In realtà quella legge non tutela le donne e le persone gestanti – osserva ai nostri microfoni Leo di Smaschieramenti, una delle realtà che organizzano il Rivolta Pride – Quella è una legge omofoba contro i genitori gay».
Più in generale, è un’idea di famiglia diversa da quella tradizionale ed eteropatriarcale ad essere ostacolata in tutti i modi. In piazza, al Rivolta Pride, invece si parlerà invece anche di famiglie – o meglio (s)famiglie – non basate sulla genitorialità e sul rapporto di coppia. «È un tema che riguarda tutti, non solo le persone lgbtq – osserva l’attivista – anche se la comunità lgbtq è stata la prima a praticarla per questioni materiali».
Il tentativo di imporre un modello unico di famiglia, definito «fuori dalla storia», si manifesta anche a scuola, in particolare nell’ostacolo ai progetti di educazione alle differenze, che sempre più spesso viene avanti agitando la fantomatica “teoria del gender”.
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