Sta diventando un caso politico la delibera della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna del 7 agosto sul ruolo di Arpae nelle Valsat, le Valutazioni di Sostenibilità Ambientale e Territoriale. Se ieri, dopo alcuni articoli di stampa, la stessa Arpae ha provato a rassicurare sul fatto che non verrà esautorata dai pareri sulla sostenibilità di progetti o piani urbanistici, è in seno alla stessa maggioranza di Viale Aldo Moro, Pd in primis, che trapela un certo nervosismo.
La devastazione prodotta dall’alluvione del maggio scorso, del resto, è una ferita ancora aperta e il tema del consumo di suolo e del ruolo delle istituzioni in materia è un fianco rimasto scoperto a causa della legge 24 del 2017, che in teoria avrebbe dovuto fermare il cemento, ma che nella pratica non lo ha fatto.

Consumo di suolo, il ruolo di Arpae e della Città Metropolitana con la delibera della Regione Emilia-Romagna

Molto della partita ruota attorno a due aggettivi: “dovuta” e “gratuita”. Il riferimento è alla Valsat, la Valutazione della Sostenibilità Ambientale e Territoriale, che ha lo scopo di valutare la coerenza delle scelte di progetti o piani urbanistici rispetto agli obiettivi di sostenibilità dello sviluppo del territorio, evidenziare i potenziali impatti negativi sul territorio ed individuare le misure idonee per mitigarli e ridurli.
Finora Arpae forniva le sue valutazioni, comunque non vincolanti, in modo che appunto era “dovuto” e “gratuito”. La delibera della Giunta regionale modifica questi due aspetti, prevedendo che per avere il parere l’ente richiedente debba stipulare una convenzione onerosa con l’agenzia.

A sintetizzare ai nostri microfoni i contenuti della delibera e le perplessità in merito è Isabella Conti, sindaca di San Lazzaro di Savena, balzata agli onori delle cronache anche per l’opposizione alla cosiddetta “Colata di Idice”, un progetto urbanistico sul territorio del Comune del bolognese che la stessa Conti ha voluto fermare.
Il primo punto critico che Conti individua nella delibera riguarda proprio il ruolo di Arpae, i cui pareri non verranno più formulati in una chiave positiva o negativa. «Una valutazione non più netta e chiara – sottolinea la sindaca – rende tutto più interpretabile e ciò apre le porte a interventi urbanistici non esattamente coerenti con la tutela ambientale e la prevenzione».

Il secondo punto riguarda la titolarità delle valutazioni. Nella replica di ieri di Arpae, infatti, viene specificato che questa spetta alle Città Metropolitane o alle Province, perché i criteri presi in esame riguardano anche la sostenibilità sociale, urbanistica ed economica, non solo quella ambientale.
«Questa replica crea confusione – sottolinea Conti – perché nella delibera c’è scritto che la titolarità dell’istruttoria, che è un approfondimento sui progetti, è in capo alla Città Metropolitana o alla Provincia».

Ed è a questo punto che intervengono due problemi non di poco conto. Da un lato, infatti, le Città Metropolitane e le Province, in seguito alla riforma sull’abolizione delle stesse, non hanno più i tecnici ambientali qualificati per poter svolgere un’istruttoria di questo tipo. Anzi, il paradosso è che con la riforma molti dei tecnici che lavoravano per le Province ora sono stati assorbiti da Arpae.
«Anche se vi fosse questo personale, se domani venisse assunto – sottolinea però Conti – si creerebbe comunque una sorta di conflitto di interessi, perché il controllore e il controllato coinciderebbero». Nel Consiglio e nella “Giunta” della Città Metropolitana, infatti, siedono molti sindaci o assessori dei Comuni che sottoporrebbero a valutazione i progetti urbanistici. E ciò creerebbe oltretutto una sperequazione nei confronti di quei Comuni che non hanno propri referenti in Città Metropolitana.

«Ci sono problemi tecnici preoccupanti legati a questa delibera che non ritengo vadano nella direzione di implementare la tutela del suolo e la qualità delle valutazioni sui piani urbanistici e sul loro impatto che possono avere sull’ambiente – sintetizza la sindaca di San Lazzaro – Credo che a fronte di tutto ciò che sta accadendo, in regione e non solo, per ciò che riguarda le conseguenze nefaste dei cambiamenti climatici, questa delibera non sia coerente con quanto spesso sentiamo dire dalla politica regionale».
Parole che riecheggiano, in chiave più diplomatica, quando aveva affermato Paolo Pileri, docente di Pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano, che nei giorni scorsi aveva affermato che «le devastanti alluvioni della Romagna hanno insegnato poco».

ASCOLTA L’INTERVISTA A ISABELLA CONTI:

Wu Ming: «Continua l’amore per il cemento della classe dirigente»

A citare Pileri e altri che sono intervenuti sulla delibera della Giunta regionale è anche Giap, il blog del collettivo di scrittori Wu Ming, che riprende una propria analisi su quello che appare essere «una classe dirigente innamorata di asfalto e cemento».
Wu Ming, quindi, colloca la nuova mossa della Regione in un quadro più complessivo, teso a far diventare l’Emilia-Romagna un hub della logistica in Europa grazie alla propria posizione geografica. Ancora più indietro nel tempo, l’amore per asfalto e cemento della classe dirigente, secondo Wu Ming, nasce nel dopoguerra, quando il Pci voleva far diventare Bologna una città da un milione di abitanti.
Per gli scrittori, poi, qualcosa si è fermato negli anni ’60 grazie ad alcuni urbanisti, ma dagli anni ’80 la corsa al cemento e all’asfalto è ripresa.

Nel merito della delibera, anche Wu Ming 2, ai nostri microfoni, sottolinea che la replica di Arpae alle critiche non si incastra bene con i contenuti della delibera.
«Nella delibera si dice molto chiaramente che la previa istruttoria di Arpae ai fini del rilascio del parere motivato di Valsat da parte della Città Metropolitana e delle Province non è dovuta – sottolinea lo scrittore – Il parere di Arpae quantomeno introduceva un elemento di terzietà, per cui di fronte ad un parere negativo il proponente doveva assumersi la responsabilità politica di aggirarlo o non tenerne conto. Il punto 3 della delibea ci dice che il parere non è più dovuto, a me sembra che il parere di Arpae sia stato esautorato e che i proponenti dei piani urbanistici si possono dare ragione da soli».

Durante l’alluvione del maggio scorso, il collettivo Wu Ming è stato molto attivo nella critica alle politiche regionali che hanno reso possibile il disastro. La delibera in discussione, quindi, sarebbe la conferma che l’alluvione non ha insegnato nulla.
A testimoniare questo ultimo aspetto anche altri elementi aggiuntisi nell’estate, come la vendita a un privato di una porzione di territorio ravennate all’interno del Parco del Delta del Po o le esternazioni di assessori regionali sulla montagna, con la conferma di progetti, come la realizzazione di nuovi impianti di risalita, che non tengono conto del contesto che si è prodotto e dei problemi di frane e dissesto idrogeolico registrato proprio dalla montagna emiliano-romagnola.

ASCOLTA L’INTERVISTA A WU MING: