In un anno di grandi elezioni, dalle europee alle presidenziali americane, per non dimenticare la chiamata ai seggi dell’India, Instagram annuncia ai suoi utenti che tratterà i contenuti di natura politica in maniera diversa da quelli di altro tipo. La decisione, comunicata a febbraio nella sezione “annunci” di Instagram e rimbalzata senza troppo clamore su qualche pagina e sito, riguarda la modalità con cui gli utenti entreranno in contatto con contenuti politici. Instagram, cioè, non li consiglierà in modo proattivo nelle sezioni dei consigli su Instagram e Threads, ma lascerà la scelta direttamente agli utenti che, almeno in queste sezioni, entreranno in contatto solo con i contenuti politici di pagine e profili che seguono.

“Vogliamo che Instagram e Threads siano esperienze positive per tutti. Se decidi di seguire account che pubblicano contenuti di natura politica non abbiamo intenzione di intrometterci tra te e i loro post […]”.
Così recita il comunicato della piattaforma che, pur lasciando agli utenti la possibilità di deselezionare questa opzione e di rimanere esposti a contenuti politici di ogni parte, fa un passo problematico in più sensi. Se anche la volontà fosse di non intromettersi nelle preferenze politiche degli utenti, infatti, la decisione è comunque incisiva sotto più aspetti. Partiamo dal primo.


Esposizione accidentale


Se informarsi tramite i social presenta un rischio, questo è sicuramente quello di informarsi selettivamente, e cioè di tendere a seguire pagine e consumare contenuti informativi che siano allineati con ciò che già pensiamo, con le nostre posizioni politiche e le nostre preferenze. Tendiamo cioè ad ascoltare ciò che vorremmo sentirci dire, ciò che ci rassicura, ci dà ragione e ci rappresenta. La selettività non è una novità dei social. Anche quando le uniche fonti informative erano i giornali, le radio e i tg le persone tendevano a scegliere la testata le stazioni e i canali che più rispecchiavano le proprie posizioni. Ma a fare la differenza, e a farla notevolmente, era proprio l’esposizione accidentale.
Comprare un giornale, cambiare stazione radio o girare canale implicava e implica ancora oggi un atto di selezione volontaria, ripetuta nel tempo. Palese e proattiva: coinvolge ogni giorno quella parte di noi che è consapevole di star scegliendo su quale canale impostare la televisione e quale giornale acquistare in edicola. Non solo: nell’atto della scelta quasi sempre i media tradizionali permettono di avere una panoramica delle alternative e quindi di incrociare il titolo di un’altra testata o afferrare il lancio di un tg che non si è soliti ascoltare. Quello che potrebbe sembrarci un irrilevante frammento di informazione è in realtà una forma di esposizione accidentale a posizioni e inquadrature delle questioni diverse dalle nostre.
A cosa rinunciamo, quindi, affidandoci esclusivamente alla libertà di scelta delle fonti informative? All’esposizione a ciò che non ci piace sentire, all’opinione di chi la pensa diversamente da noi, al confronto, al dialogo, al tentativo di comprendere o almeno ascoltare le posizioni di tutti.


Qualità del prodotto


Le problematiche non si esauriscono qui. Di che tipo di contenuti parla Instagram quando si riferisce ai contenuti politici? Una testata che sui social riporta notizie problematiche o critiche nei confronti di una parte politica è una testata che produce contenuti politici o che semplicemente riporta informazioni sulla politica? Quanto sottile è questa differenza, e quanto sarà tenuta di conto dall’algoritmo? Non lo sappiamo e difficilmente ce ne accorgeremo. Questo tipo di modifiche agisce infatti a un livello impercettibile ma decisivo: saremo noi e solo noi gli editori di noi stessi.
Posta la selezione individuale come principio dell’informazione online, dunque, un’altra questione è quella della qualità dei prodotti informativi. Se prima dell’avvento dei social informarsi su un giornale di partito significava informarsi attraverso un prodotto culturale elaborato da professionisti, oggi informarsi su pagine e blog sfocia facilmente nell’affidarsi a personalità più che a professionisti del settore. Per fette ampie di utenti i punti di riferimento dell’informazione online sono degli intermediari non professionisti, fortemente schierati e devoti a nessun tipo di norma o etica giornalistica. Questo professionalismo fai da te che apre le porte dell’informazione potenzialmente a chiunque è tanto più pericoloso quanto ci si avvicina ad ambienti digitali ermeticamente chiusi e definiti dalla scelta individuale. È questa la direzione in cui va la scelta di Instagram, che i suoi utenti ne siano consapevoli o meno.


Niente da fare?


Cosa possiamo fare? Saperlo, aspettarcelo. Ingrassare la nostra dieta informativa seguendo più fonti possibili e delle posizioni politiche più disparate. Selezionare le più credibili, approfondirle, investire nella propria informazione. Soprattutto, essere coscienti che ciò che vediamo nelle sezioni di suggerimento dei social network non è casuale ma passa da una serie di decisioni a monte di cui non è facile né scontato avere coscienza.

Per approfondimenti consiglio il volume del 2017 del politologo Cass Sunstein, #Republic, edito da Il Mulino.