Una cinquantina di college in protesta e 700 arresti. È questo il bilancio della mobilitazione universitaria negli Stati Uniti, dove il massacro israeliano a Gaza ha fatto irruzione nella campagna elettorale verso le presidenziali.
Studentesse e studenti chiedono l’immediato cessate il fuoco, la fine delle collaborazioni con le società israeliane e puntano il dito contro l’Amministrazione, responsabile del 70% della fornitura di armi a Tel Aviv.

La protesta dei college americani per la Palestina

La polizia statunitense sta mostrando il pugno di ferro nei confronti degli universitari in protesta, fiancheggiata da gruppi sionisti che non mancano di provocare i manifestanti.
Il tutto avviene in un contesto in cui la Camera statunitense, già nel dicembre scorso, ha equiparato l’antisionismo all’antisemitismo.
Un argomento retorico che, però, «si sta rivelando un’arma a doppio taglio», osserva ai nostri microfoni Giacomo Marchetti, giornalista di Contropiano. La ragione è semplice: la protesta contro il massacro a Gaza vede una componente molto agguerrita di persone di origine ebraica.

Pare essere proprio il mondo accademico, in Occidente, a guidare le proteste contro il massacro in Palestina da parte di Israele. Un movimento che si è fatto sentire anche in Italia, con diverse mobilitazioni in molte città, e in Francia.
Il ruolo degli Stati Uniti, però, è centrale proprio perché è grazie agli armamenti americani che il governo di Benjamin Netanyahu può continuare a condurre il proprio assedio nei confronti di Gaza.

Le proteste dei college, però, potrebbero costare addirittura la rielezione di Biden nei cosiddetti “swinging states”, gli Stati in bilico. Un rischio di cui i parlamentari democratici sono consapevoli, al punto che spesso visitano le tende degli studenti universitari in protesta.
«Non c’è questa volta un’alternativa dentro il Partito Democratico – sottolinea Marchetti – Sta emergendo la figura di Cornel West, il terzo candidato presidenziale che è uno dei più attivi sulla Palestina».

Se per i Democratici la vicenda è una vera e propria spina nel fianco, i Repubblicani soffiano sul fuoco. «Trump vomita ogni giorno il proprio odio nei confronti dei palestinesi – osserva il giornalista di Contropiano – anche perché lo zoccolo duro dei votanti di Trump è costituito da una parte delle chiede evangeliche, che sono più sioniste dei sionisti».
In definitiva, insomma, Marchetti descrive una situazione simile a quella di “Civil war”, il film di Alex Garland nelle sale in questi giorni. «Qualcosa sta implodendo», sottolinea il giornalista.

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIACOMO MARCHETTI: