I G20, i capi di Stato e di governo dei venti Paesi più forti al mondo, si apprestano a tenere il loro vertice conclusivo a Roma. Ad “accoglierli”, però, ci sarà una mobilitazione dal basso che vede insieme gli ambientalisti di Fridays For Future, gli operai della Gkn e tante altre realtà sociali e di movimento.
Mentre sui giornali è partito lo spauracchio che già abbiamo visto vent’anni fa contro i “nuovi” No Global, l’appuntamento in piazzale Ostiense è alle 15.00 di sabato 30 ottobre, mentre il giorno successivo, alle 10.30, ci sarà un’assemblea al Teatro Garbatella allo scopo di preparare la mobilitazione del prossimo inverno.
Noi abbiamo intervistato Monica Di Sisto, vice-presidente di Fairwatch, una delle realtà che ha promosso la manifestazione.

G20, la manifestazione per il futuro

Perché si scende in piazza a Roma?

«Si scende in piazza perché dopo un anno di G-20 a presidenza italiana, in questa conclusione scenografica alla nuvola di Fuksas all’Eur, in realtà non ci sono soluzioni ai problemi veri posti dalle organizzazioni sociali, sindacali e dai movimenti. Non ci sono soluzioni né per la nostra salute, per i cambiamenti climatici, né per la giustizia sociale.
Anzi, la tendenza è quella di continuare a concentrare le soluzioni in Banca Mondiale, quindi nella finanza speculativa, regalando i nostri soldi che – faticosamente recuperati – dovevano andare a rafforzare la sanità, a potenziare i sistemi di risposta alle prossime eventuali pandemie, e anche alla esigenza sociale forte dovuta alla deregulation, che nel nostro Paese sta facendo perdere centinaia di migliaia di posti di lavoro… e invece si rafforza il sistema finanziario, si regalano soldi alle imprese senza vincoli e si continua a cambiare nome al sistema produttivo attuale, pensando addirittura (da parte europea) di inserire il nucleare all’interno delle energie verdi…è tutto talmente distopico che scendiamo in piazza perché vogliamo schierarci. Aprire una stagione autunnale-invernale nella quale schierarci pacificamente insieme tra attivisti, ragazzi di Friday for Future e di Extinction Rebellion, e tra operai, lavoratori e lavoratrici che stanno lottando per il loro lavoro…ci sembra la modalità giusta».

Con una parola che sta usando molto il movimento femminista negli ultimi anni, in piazza ci sarà una composizione intersezionale, anche gli operai della Gkn hanno aderito.

«Quando quest’estate è arrivata questa maledetta lettera che annunciava i licenziamenti contro i quali si sono sollevati, la chiamata è stata forte e importante. Innanzitutto è stata una chiamata generazionale: quei lavoratori avevano affrontato l’esperienza dei social forum e quindi l’hanno aperta come una vertenza ampia, dicendo in sostanza: “Se venite, questa non è la nostra vertenza, ma un richiamo di senso sistemico”. Nel frattempo le ultime cose grandi che sono successe a livello di mobilitazione sociale, il movimento femminista nuovo delle ragazze più giovani che si è unito a quello storico…i movimenti contro i cambiamenti climatici erano già schierati in piazza. Noi come veterani abbiamo proposto una cucitura ,una facilitazione…perché quella traiettoria ci unisce tutti.
La rivoluzione della cura, quella che noi proponiamo,è stata proprio quella di rimettere in relazione, di attraversare con diversi occhi e diversi corpi le nostre condizioni, metterle tutte insieme per come sono e provare a fare una massa critica per spingere in una direzione opposta».

Dopo la pandemia c’è stata una ricomposizione del capitale per impedire che venisse cambiato qualcosa?

«È stato evidente che c’è stato un rinculo fortissimo da parte delle forze della conservazione. Al punto tale che in Italia hanno messo ai vertici il meglio di tutti, ma noi siamo meglio di lui, perché siamo donne, uomini, persone abituate a lottare. Questo governo autistico, che non dialoga con nessuno, che si concentra in un uomo forte che peraltro forte non è, con partiti asserviti che non dialogano con chi sta fuori dal palazzo, è talmente di corto respiro nei confronti di una situazione che non potrà che complicarsi col tempo.. che noi siamo ad aspettare. Il nostro non è un conflitto chiuso, è un conflitto aperto che propone delle soluzioni. Pensa ad esempio ai lavoratori e lavoratrici della Gkn: hanno fatto un percorso con dei giuristi e propongono una legge che risolva il problema delle delocalizzazioni dal loro punto di vista, con la loro esperienza. E’ praticamente una governance allargata che loro non vogliono accettare, come non la vuole accettare il G-20. Con la mia organizzazione abbiamo partecipato al percorso del C-20, cioè delle oltre 550 organizzazioni dei 20 paesi grandi che partecipano in dialogo coi loro governi a questo percorso per provare a commentare , a proporre delle cose diverse, o anche a sostenere le cose giuste quando ci sono. Il C-20 è stato ridicolo, a fronte di documenti che non sono la soluzione ai nostri problemi, la pozione magica: sono documenti imbarazzanti per chi li scrive, non per chi li legge. Se di fronte a un contributo costruttivo c’è quel tipo di chiusura, penso che schierarsi sia il minimo e con questa modalità intersezionale sia un bel messaggio per loro, per come si dovrebbe fare».

ASCOLTA L’INTERVISTA A MONICA DI SISTO: