È il 15 giugno 2020. Mentre i primi lockdown lentamente si allentano, a migliaia di metri di quota sulla catena montuosa più alta del mondo – l’Himalaya – si riaccende un conflitto antico. Alcune decine di guardie di frontiera, cinesi e indiane, si incrociano dove non dovrebbero. La dinamica non è chiara, ma in fondo non importa davvero. Gli uni e gli altri chiamano i soccorsi, e in poco tempo, nella notte gelida, scoppia una rissa tremenda. I soldati si sfidano a colpi di bastone, pietre e arte marziali, e alla fine lasciano sul campo un numero imprecisato di morti – chi per le botte, chi precipitato nei dirupi alpini, chi affogato nei fiumi semicongelati. Già questo episodio, tutt’altro che isolato, racconta una delle stranezze di questo pezzo di mondo. Due potenze nucleari, due paesi da oltre un miliardo di abitanti l’uno, si sfidano con mezzi più che antichi, primitivi.

Poco più ad Ovest una terza potenza nucleare, il Pakistan, contende i confini indiani. Un conflitto ancora più incancrenito di quello sino-indiano e , sopratutto, più sanguinoso. Nuova Delhi e Islamabad hanno combattuto quattro guerre tradizionali per il controllo del Kashmir, e tutt’ora non rinunciano all’uso l’una contro l’altra di mortai, terrorismo, persino bombardamenti mirati.

Di questo dimenticato punto caldo del mondo, di questi conflitti a bassissima intensità che nessuno può escludere possano un giorno diventare guerre vere e proprio, parliamo nel secondo episodio de La Prossima Guerra, il podcast di Radio Città Fujiko sui conflitti dimenticati e quelli che ancora devono scoppiare.

Nel disinteresse del resto del mondo tre potenze nucleari litigano per i confini

Diego Majorano conosce bene questo pezzo di mondo. Insegna Storia e politica dell’India all’Università l’Orientale di Napoli, è visiting professor all’Institute of South Asian Studies e collabora col prestigioso think-thank ISPI. È lui la nostra guida in questo viaggio.

«La prima area a rischio di questa zona è il confine indo-pakistano del Kashmir, conteso fin dai tempi della nascita dei due stati. La seconda, doppia, riguarda Cina e India. I due paesi si contendono un territorio nel Nord-Est e un’altro nella parte nordorientale del Kashmir» ci spiega Majorano. «Gli incidenti sono quasi quotidiani, ma le ultime schermaglie significative sono avvenute nel febbraio 2019, quando un gruppo terrorista effettuò un gravissimo attentato in territorio controllato dall’India. L’organizzazione dietro l’attentato è stata più volte collegata ad una parte dei servizi segreti pakistani, e l’India – che peraltro stava entrando in campagna elettorale – replicò con una mossa senza precedenti: spedì l’aviazione in Pakistan – non nei territori contesi – per colpire campi di addestramento del gruppo terrorista. Si è discusso molto di questo gesto, non è chiaro se quei campi fossero effettivamente in uso o se la mossa fosse più che altro utile a rafforzare l’opinione pubblica interna, ma sicuramente è stato un evento significativo».

Ascolta il primo episodio del podcast: Saharawi: storia dei palestinesi d’Africa

Conosciamo bene i profili dei leader occidentali. Meno quelli dei paesi coinvolti in queste vicende – India, Cina e Pakistan. Ci viene in aiuto Majorano. «Narendra Modi è un capo di stato molto popolare e iper-nazionalista. È un esponente del suprematismo hindu, lo è sempre stato, fino al punto di aver fatto parte di gruppi paramilitari che addestravano gli hindu alla lotta contro i musulmani. Il tutto in un paese in cui le minoranze contano oltre 150 milioni di individui. Nei confronti del Pakistan, dopo una breve stagione di aperture, ha sempre tenuto un atteggiamento molto duro. Se ci spostiamo in Pakistan, invece, al potere troviamo una new entry. Fino a pochi mesi fa il primo ministro era infatti Imran Khan, deposto dai militari che non approvavano la sua politica estera filocinese. Storicamente l’esercito pakistano è molto legato agli Stati Uniti d’America. A sostituirlo è arrivato Mian Sharif. È un politico d’esperienza, abile amministratore, fratello di un ex-primo ministro. In questo momento la sua priorità è stabilizzare la sua posizione, e non ha interesse a far salire la tensione con l’India».

E in Cina, chiediamo. «Qui ovviamente parliamo di Xi Jinping. Leader autoritario, primo a violare la consuetudine istituzionale cinese che prevede il cambio di leadership ogni dieci anni. Riguardo alla questione territoriale di cui parliamo, Pechino ha sempre proposto uno scambio di territori: La Cina è pronta a cedere parte dei territori rivendicati dall’India attualmente in suo possesso in cambio di quelli himalayani e del Kashmir, utili alla Cina rispetto al controllo del confinante Tibet. L’India non ha mai voluto trattare, ma qua c’è da capire che la superiorità cinese è schiacciante. La differenza di reddito pro capite tra Cina e India è simile a quella che corre tra USA e Messico, per intenderci. Non parliamo nemmeno dello squilibrio in termini militari. Insomma, alla Cina lo status quo piace. All’India no, ma può far poco per cambiarlo».

«Nell’insieme la situazione ai confini, tutti, è relativamente tranquilla» conclude Majorano. «Certo, il dato a livello internazionale è che le tensioni di cui parliamo intercorrono tra potenze con in mano l’arma atomica».

ASCOLTA IL SECONDO EPISODIO DE LA PROSSIMA GUERRA CON DIEGO MAJORANO:

Lorenzo Tecleme