Lo sgombero di Bancarotta dai locali di via Fioravanti continua a produrre un dibattito in città. Se da un lato la rete Bologna Proxima ha proposto un’assemblea pubblica sugli spazi, la rete D(i)ritti alla Città ha elaborato 11 domande che sottopone al sindaco di Bologna, Matteo Lepore, per chiedergli conto delle sue politiche sul tema e informare anche la cittadinanza su come si sta muovendo il Comune a proposito dei tantissimi spazi pubblici dismessi presenti sotto le Due Torri.

Le domande di D(i)ritti alla Città al sindaco di Bologna

Dopo aver pubblicato, a settembre scorso, il “Manifesto per gli spazi pubblici dismessi“, D(i)ritti alla Città non rimane indifferente al dibattito cittadino in materia. In particolare la rete, di cui fanno parte anche le realtà di Bancarotta, non ha apprezzato l’intervista rilasciata dal sindaco domenica scorsa a tutte le testate mainstream cittadine.
«Quell’intervista – osserva ai nostri microfoni Mauro Boarelli di D(i)ritti alla Città – è stata per certi aspetti anche violenta dal punto di vista politico perché è di completa chiusura di ogni forma indipendente di gestione degli spazi pubblici e costruita sulla retorica del “noi abbiamo fatto tanto per gli spazi pubblici”. A noi non sembra affatto che sia così».

Nello specifico, le 11 domande poste al sindaco di Bologna «cercano di smontare – continua Boarelli – la retorica dietro cui il Comune si nasconde e al tempo stesso hanno lo scopo di informare la città su quanto sta avvenendo».
Il riferimento è ad alcune operazioni che riguardano tanto le ex aree militari quanto le ex aree ferroviarie, su cui l’Amministazione comunale o ha posto vincoli di segretezza, o procede senza alcuna forma di partecipazione da parte della cittadinanza, ma nemmeno dello stesso Consiglio comunale. D(i)ritti alla Città lamenta una mancanza di trasparenza molto grave e un processo di progressiva privatizzazione e svendita di patrimonio pubblico.

Ecco le 11 domande poste al sindaco di Bologna:

  • Perché il Sindaco si trincera dietro la procedura formale dei bandi quando anche la normativa si è evoluta in senso differente, come attestato da alcune disposizioni contenute nel Codice del Terzo settore e nel Codice dei contratti?
  • Perché il Comune di Bologna non ha finora attuato alcuna iniziativa per il riconoscimento degli usi collettivi ispirati agli usi civici, che rappresentano la forma più idonea per una gestione mutualistica degli spazi pubblici da parte di gruppi informali di cittadine e cittadini? Perché rifiuta di seguire la strada imboccata da altri Comuni (come ad esempio Padova, Torino, Bari e Napoli)?
  • Perché nell’adozione di progetti di “rigenerazione” degli immobili di proprietà pubblica non sono stati previsti percorsi di partecipazione nei quali le cittadine e i cittadini potessero realmente prendere parte al processo decisionale? Perché le rare forme di consultazione sono state ridotte alla sola possibilità di suggerire marginali correzioni a scelte già prese?
  • Perché la destinazione delle aree ferroviarie dismesse, per la cui rigenerazione sono previsti ingenti finanziamenti nell’ambito del PNRR, è stata decisa senza alcun dibattito pubblico? Perché per quelle aree un ente pubblico (il Comune) decide di utilizzare denaro pubblico (fondi PNRR) per acquistare beni pubblici senza garantire la loro gestione pubblica?
  • Perché l’ex caserma Sani – dove in passato il Comune aveva previsto la realizzazione di un grande parco pubblico – verrà quasi completamente trasformata in abitazioni private? Perché gli alberi saranno quasi completamente abbattuti? Perché anche l’ex caserma Mazzoni seguirà la stessa sorte (salvo la realizzazione compensativa di un piccolo parco) e l’ex caserma Masini verrà trasformata in abitazioni, albergo e parcheggio?
  • Perché il Comune, infrangendo le regole della trasparenza della pubblica amministrazione, ha stipulato con il Ministero della Difesa un accordo per la “rigenerazione” delle ex caserme Stamoto e Perotti nel quale è contenuta una clausola di riservatezza che prevede che nessuno debba sapere nulla del progetto? Cosa prevede quel progetto?
  • Perché, con i progetti di trasformazione dei beni dismessi approvati finora, il Comune incrementa l’offerta immobiliare in assenza di un aumento della domanda abitativa? Perché incrementa l’impermeabilizzazione del suolo e la costruzione di strade che provocheranno un ulteriore aumento del traffico veicolare? E perché consente l’abbattimento di aree verdi e adotta una strategia di “compensazioni” del tutto inutile rispetto alla distruzione della qualità ecologica e sociale dell’esistente?
  • Perché il Comune ha lasciato andare in malora parte del suo patrimonio immobiliare, come ad esempio una serie di edifici di valore storico e patrimoniale come Villa Ghigi, villa Puglioli, la scuola Sassoli in via Zanardi, gli edifici rurali di viale Lenin, via Massarenti, via Fantoni e molti altri (e tra questi l’edificio occupato da Banca Rotta)?
  • Perché la Città Metropolitana ha venduto due immobili di grande valore storico e patrimoniale come l’ex Maternità in via D’Azeglio (acquistata da un imprenditore privato che realizza lauti guadagni affittando l’immobile per ospitare una sezione del Tribunale) e l’Ospedale dei Bastardini, anziché destinarli ad uso pubblico?
  • Perché il Comune non si fa carico di curare e rendere disponibile un censimento di tutti gli spazi pubblici (non solo quelli di proprietà comunale) presenti in città?
  • Perché il Comune non promuove accordi con tutti i soggetti che a vario titolo hanno in gestione immobili pubblici (Università, Cassa depositi e prestiti, Agenzia del Demanio, Invimit, Ministero della difesa, Asl, Azienda ospedaliera, Asp, Poste, Inps, Ferrovie dello Stato) per renderli disponibili ad uso pubblico? Perché si limita a sottoscrivere accordi finalizzati esclusivamente a privatizzazione, commercializzazione e speculazione edilizia?

ASCOLTA L’INTERVISTA A MAURO BOARELLI: