Questa mattina le forze dell’ordine hanno eseguito lo sgombero di Bancarotta, il nuovo spazio occupato in via Fioravanti 12. Un ingente dispiegamento di mezzi di polizia e uomini ha bloccato l’accesso ad un tratto della via, ma le operazioni di sgombero sono risultate tranquille dal momento che all’interno della struttura non c’era nessuno.
Si conclude così un’occupazione durata meno di un mese. Lo stabile, una ex banca, infatti era stato occupato lo scorso 12 marzo in seguito ad una vicenda assai più lunga.

La storia di Bancarotta, dal bando vinto allo sgombero

Le nove realtà che avevano dato vita all’occupazione hanno sostenuto che il gesto fosse l’ultima ratio dopo una vicenda assurda che li ha riguardati. Il diritto ad entrare in quei locali, infatti, se lo erano aggiudicati vincendo un bando del Comune di Bologna con un progetto che era stato reputato dalla stessa Amministrazione il migliore tra quelli presentati.
Non solo: i caratteri di innovatività e partecipazione che il progetto prevedeva ha fatto sì che Bancarotta fosse citato dal Comune stesso all’interno di convegni come esempio che qualificava la città.

Nel concreto però le cose sono andate diversamente. Una volta vinto il bando, i promotori del progetto hanno aperto due tavoli con l’Amministrazione. Nel primo, quello tecnico, si è discusso a lungo sulle condizioni stesse dei locali, che da un primo sopralluogo apparivano inagibili.
Nel secondo tavolo si è discusso invece delle modalità di gestione, dal momento che i promotori del progetto avrebbero voluto superare l’approccio burocratico tipico delle forme associative, ad esempio per quanto riguarda il o i soggetti a cui attribuire la responsabilità. Come già accaduto in precedenza, Bancarotta avrebbe voluto che la responsabilità sugli spazi fosse distribuita collettivamente.

Un’immagine dello sgombero di Bancarotta

Dopo un percorso durato mesi, prima ancora che arrivasse la pandemia, l’Amministrazione comunale ha interrotto ogni relazione. Ha smesso di rispondere alle mail e alle telefonate degli ideatori del progetto e, nella sostanza, non ha mai consegnato le chiavi del locale.
È per questo motivo che lo scorso 12 marzo l’eterogeneo gruppo di realtà che ha partecipato a Bancarotta ha deciso di occupare la struttura. Anche dopo l’occupazione, però, dagli attivisti è stato rivolto un invito al dialogo col Comune, che non ha mai risposto.

La vicenda si è conclusa quindi stamattina, quando le forze dell’ordine sono tornate a mettere i sigilli alla struttura, che prima dell’occupazione era rimasta vuota e inutilizzata per diversi anni.
La Bolognina, il quartiere in cui si trovava Bancarotta, torna a perdere uno spazio di socialità libero dalle logiche del mercato. Nel frattempo proseguono i lavori per la realizzazione di alloggi a poca distanza, al civico 24, dove fino a pochi anni fa sorgeva il centro sociale Xm24, anch’esso sgomberato.

Il Comune aveva incontrato gli occupanti due giorni fa

Dopo l’avvio delle operazioni di sgombero, davanti allo stabile si è formato un presidio di occupanti e solidali. È da loro che si apprende che l’Amministrazione comunale, nella figura della vicesindaca Emily Clancy, aveva convocato e incontrato gli attivisti due giorni fa, chiedendo una fuoriuscita spontanea dai locali di via Fioravanti 12 in cambio dell’apertura di un tavolo sui beni comuni in città.
«Non ci è stato promesso un altro spazio – precisa un’attivista ai nostri microfoni – ci era solo stata promessa l’apertura di un tavolo. Ma non ci è stato nemmeno dato il tempo di discuterne in assemblea, perché appena 24 ore dopo è arrivato lo sgombero. Quindi quell’incontro era un avvertimento e un modo per pulirsi la coscienza».

Sempre ai nostri microfoni l’attivista ricostruisce meglio il pomo della discordia con l’Amministrazione comunale dopo la vittoria del bando. «Ci era stato dato un ultimatum di 10 giorni per firmare delle condizioni che volevano loro e che noi non accettavamo, anche perché non erano presenti nel bando – racconta – Quella comunicazioni fu mandata ad una persona che non faceva più parte del progetto, ma questo non cambia la sostanza, perché quelle condizioni non volevamo accettarle». Trascorsi 10 giorni il Comune ha considerato annullata la vittoria di Bancarotta al bando.

ASCOLTA L’INTERVISTA ALL’ATTIVISTA DI BANCAROTTA:

La versione dell’Amministrazione comunale

Dopo un lungo silenzio, l’Amministrazione interviene oggi per dare la propria versione dei fatti. In particolare, il Comune contesta la ricostruzione di Bancarotta, tenendo a precisare di aver fatto tutti gli sforzi possibili per trovare una mediazione, salvo dover arrivare a dare un ultimatum di 15 giorni rispetto all’accettazione di alcuni paletti e limiti alla gestione, altrimenti l’assegnazione sarebbe stata ritirata. È a quel punto che Bancarotta sarebbe a sua volta “sparita”, si spiega a a Palazzo D’Accursio, salvo poi tornare a chiedere risposte inviando mail «in cui dicevano di non aver più avuto informazioni dal Comune, ma allegando a queste loro stesse mail l’ultima comunicazione via Pec inviatagli dall’amministrazione».

Alla fine del tira e molla il tempo è scaduto: «Non hanno rispettato limiti e tempi per l’accettazione del bene», quindi gli uffici del Patrimonio hanno chiesto di ri-acquisirlo per assegnarlo «ad altra funzione». Cosa che non avverrà per bando: quegli spazi sono destinati ad «altro percorso, ma sempre con una progettualità pubblica». La trattativa Comune-Bancarotta si è incagliata sulle richieste del collettivo che, se accettate, avrebbero stravolto, sostiene l’Amministrazione, le condizioni del bando di gestione. E questo avrebbe potuto creare problemi e contenziosi con altri soggetti interessati per via di un cambio delle regole a bando assegnato.

Definita la vittoria di Bancarotta, andava fatto un contratto-convenzione per la gestione del bene. «E qui cominciamo i problemi», ricostruisce l’amministrazione. Il contratto-convenzione doveva recepire le condizioni del bando come gli oneri di gestione a carico di chi ne avrebbe avute le chiavi. Ma da Bancarotta sarebbe arrivata la richiesta di non pagare utenze né Tari e al Comune di farsi carico delle spese di ristrutturazione dei locali. «Richieste ogni volta diverse», sostiene il Comune, che aggiunge: «abbiamo cercato di andare incontro e di trovare soluzioni praticabili». Ma troppe cose, alla fine, sarebbero state diverse rispetto alle prescrizioni del bando: se accolte, «avrebbero creato un potenziale danno a tutti gli altri concorrenti».

Il dialogo si incaglia definitivamente sulla responsabilità in solido per i locali: tocca all’assegnatario, ma Bancarotta vorrebbe ‘collettivizzare’ la formula «il che avrebbe portato a non avere alcun responsabile e non si può fare», stoppa Palazzo D’Accursio. Che comunque dice di aver provato ad andare avanti, prevedendo la possibilità di far entrare il collettivo mentre si limavano i dettagli dell’accordo. «C’è in via generale un interesse dell’amministrazione a trovare modelli di governance diversi per i beni, ma in questa vicenda non era possibile cambiare le regole». Ala fine il Comune formalizza: «Questi i limiti, questo il contratto», la deadline scade, lo stabile torna al Comune. Di qui, poi, l’occupazione finita oggi.