Settimana calda tra Sanremo e San Valentino, amore e musica vanno a braccetto in fatto di fatti, riflessioni e gossip. Con Cult News abbiamo fatto un viaggio tra spunti dal web e articoli, parlando del peso che queste due parole hanno nelle nostre vite. Amore come relazione e musica come cura. Ecco cosa abbiamo letto:
dalla newsletter settimanale “Il megafono giallo” di paroleostili.it
La parola più ricorrente nei 29 testi in gara a Sanremo è Amore, usata ben 47 volte. Al secondo posto c’è “Occhi” (un pelo più originale) con 37 volte e al terzo “Vita” con 36.
Cuoricini (28 volte ma tutte nell’omonimo brano dei Coma_Cose)
Battito (18 volte grazie all’omonimo brano di Fedez, ma è presente anche in ‘Viva la vita’ di Francesco Gabbani)
Cuore (16 volte)
Paura (16 volte)
Film (13 volte)
Mare (12 volte)
Gente (12)
Bacio (12)
Qui per iscrivervi alla newsletter e conoscere le loro iniziative.
“Se Sanremo fosse un libro non sarebbe una gran lettura: il voto del linguista ai testi delle canzoni” di Massimo Arcangeli su Domani
Brunori Sas sontuoso, Francesco Gabbani ritrito, Lucio Corsi post-futurista, Olly sciamannato. Il linguista Massimo Arcangeli ha letto i testi delle canzoni e ha espresso un giudizio al netto delle musiche e dell’interpretazione. Solo i testi. Ecco cosa ne è venuto fuori.
Elodie, Dimenticarsi alle 7
Da incubo. Le frasi, più che fatte, sono sfatte. Il grado zero di un italiano che non è né carne né pesce. Di più: la lingua alla frutta. Un testo che non dice niente, e vorresti scordarlo già alle 7 del mattino successivo al giorno d’ascolto (…) I versi più brutti (ma anche il resto non scherza): “che strano effetto che fa / mandare giù la verità”.
Voto: 0
Coma_Cose, Cuoricini
La fragilità amorosa al tempo dei social, quasi a strapiombo sul nonsense tra un intervallo e l’altro di banalità, fritte o rifritte, del (comporre) male. Prima volta dei cuoricini, e speriamo sia anche l’ultima. Fra “oggi mi sento una pozzanghera”, “un divano e due telefoni / è la tomba dell’amore, / ce l’ha detto anche il dottore” e “se mi trascuri impazzisco come maionese”, è un bel dilemma decidere a chi assegnare lo scarrafoncino d’oro.
Voto: 3
Brunori Sas, L’albero delle noci
Delicatamente sontuoso. Una bambina, sua madre e suo padre (lui), con le immagini che ora s’incavano e ora s’inarcano, sollevandosi in architetture, proporzioni e geometrie sentimentali fino a svettare dalle parti dell’antico Egitto biblico delle sette vacche grasse e delle sette magre apparse in sogno al Faraone (Genesi, 41, 2-4). Dietro l’albero delle noci, alla fine, ti sembra così d’intravedere, più che il tempo delle mele (troppo in anticipo, la bambina ha tre anni), l’età spensierata delle nuces dei bambini dell’antica Grecia e dell’antica Roma. Dal moto verticale a quello orizzontale, per un movimento ritmico a fisarmonica: “Sono cresciuto / in una terra crudele / dove la neve / si mescola al miele”.
Voto: 8
Willie Peyote, Grazie ma no grazie
Accattivante. L’unico brano “politico” in gara, ironico e intelligente. È uno spaccato dei tempi correnti, cannibalizzati dagli opposti estremismi ma fitti di contraddizioni: “c’è chi dice / che non si può / più dire niente / e poi invece / parla sempre”. Il testo non è un capolavoro, ma è comunque una boccata d’aria fresca in una kermesse precipitata nel vuoto del più assoluto disimpegno dei cuori e degli amori, dei baci e dei dolori, dei sogni e dei rimpianti, dei pianti e dei lamenti, dei piagnucolii e dei piagnistei.
Voto: 6
articolo completo su editorialedomani.it

Willie Peyote a Sanremo: «La musica che prende posizione è passata di moda. Abbiamo perso il valore della protesta» di Emanuela Del Frate su Domani
Il suo Grazie ma no grazie, è stato descritto da tutti i critici come l’unico “politico” tra tutti i brani in gara.
Non so se definirlo politico, anche perché tutti danno un’accezione diversa a questo termine. Però ha qualche riferimento di critica sociale, quello sì. Lo faccio sempre nelle mie canzoni e mi sembrava un po’ uno spreco salire su di un palco come quello di Sanremo senza dire qualcosa. Non vado sempre al festival, non smanio per andarci, ma se sono lì qualcosina la voglio dire. Sempre cercando di metterci dell’ironia, anche se rischia di non essere capita.
«Dovresti andare a lavorare e non farti manganellare nelle piazze» è un passaggio del suo brano. Il ddl sicurezza contiene delle norme, come quella che sanziona anche le proteste pacifiche, la cosiddetta norma anti Gandhi. È preoccupato per la situazione che si sta delineando in Italia?
Io mi preoccupo sempre quando si tenta di limitare il dissenso. È un processo lento ma costante. Ma noi, per primi, abbiamo perso il valore della protesta e della manifestazione. C’è una frase che si sente dire spesso: “Gli scioperi si fanno solo il venerdì, così si allunga il weekend”. Questo tipo di approccio alle proteste è solo l’inizio del declino di un popolo. Quando non ritiene più importante avere spazio per dimostrare il proprio dissenso si silenzia da solo. Ed è sempre un problema.
L’intervista completa su editorialedomani.it
Il Sanremo di Tele Meloni è il più austero e loffio di sempre. su The Vision
Il festival di Sanremo condotto da Carlo Conti, alla sua 75ma edizione, ha preso il via ieri sera, senza regalare particolari entusiasmi. (…) Il conduttore e direttore artistico aveva chiarito fin da subito che il suo festival avrebbe portato artisti e testi che non dipingono più “un macromondo”, evitando temi come “l’immigrazione o la guerra”. (…)
A prescindere dalla mancanza di impegno politico, la maggior parte degli artisti, seppur espressione di una scena contemporanea, non ha brillato per originalità, optando per pezzi sanremesi classici. Su 29 concorrenti, del resto, i brani sono stati scritti da una cerchia ristretta di autori, il che ha portato a un’omologazione sia nei testi che nelle melodie.
La mancanza di originalità è stata resa evidente anche dal messaggio del papa – fuori luogo in uno stato laico – e dal siparietto di “Imagine” cantata dalle due artiste Noa, israeliana, e Mira Awad, di origini palestinesi ma con cittadinanza israeliana. (…) Il festival sembra perfettamente incarnare l’immobilismo politico e culturale a cui questi anni di TeleMeloni ci stanno condannando.
Il post completo è sulla pagina Instagram di The Vision
Il potere della musica The Muffa
Un’ora di musica al giorno può fare una grande differenza per chi soffre di dolore cronico. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Advanced Nursing, ascoltare musica quotidianamente è infatti in grado di ridurre l’intensità del dolore fino al 21% e i sintomi depressivi fino al 25%. Inoltre, la musica sembra aiutare le persone a sentirsi più in controllo della propria condizione e meno limitate nelle attività quotidiane.
Come spiegato dalla dottoressa Sandra Siedlecki, principale autrice dello studio, “ascoltare musica ha un effetto significativo su dolore e depressione, migliorando anche il senso di potere personale”. Altre ricerche confermano il potere dell’ascolto: secondo uno studio di Marion Good, la musica può migliorare la qualità del sonno fino al 35% se si ascoltano 45 minuti di musica rilassante prima di dormire, oltre a promuovere il rilassamento generale.
Inoltre, la musica influenzerebbe il rilascio di dopamina, il “neurotrasmettitore della felicità”, che migliora l’umore e riduce la percezione del dolore.
Il post completo sulla pagina Instagram di The muffa
E se l’amore somigliasse di più all’amicizia? di Arianna Montanari su Rivista Studio
Sperimentiamo nuove forme dello stare insieme perché quelle vecchie non funzionano più, procediamo per prove ed errori senza avere ben chiaro quale tipo di relazioni sentimentali vogliamo per le nostre vite, ma in tutto questo discorrere di poliamore e famiglie queer di amicizia non si parla mai, come se si trattasse di un concetto un po’ desueto, su cui non rimane granché da dire, vagamente sterile e incapace di produrre novità. Gli amici ci sono sempre, stanno lì sullo sfondo, le nostre energie vanno altrove, e se in passato nessuno avrebbe scambiato un buon amico con l’amore della vita, nell’ultimo secolo e mezzo l’amore romantico ha scalzato dal podio tutti gli altri legami affettivi. (…)
Da oltre dieci anni Geoffroy De Lagasnerie ha una relazione profonda, quotidiana, con il sociologo Didier Eribon e con lo scrittore Édouard Louis. 3. Un’aspirazione al fuori è il racconto di questo rapporto ancora senza nome e senza riconoscimento, ma da cui i tre traggono linfa vitale, emotiva e intellettuale. Un legame che loro stessi hanno codificato attraverso riti, luoghi, pratiche e connessioni (…) che supera la parcellizzazione delle identità secondo le coordinate di orientamento sessuale e identità di genere in favore della semplice relazione che unisce – e definisce – due o più individui legati da uno sguardo affine sul mondo.
Nel tentativo di descrivere il loro rapporto De Lagasnerie si confronta con i classici, con Montaigne, Spinoza, Barthes, Cicerone (…) Da Cicerone abbiamo ereditato la convinzione secondo cui sarebbe impossibile perdere un amico, dal momento che se lo perdiamo significa che non era un vero amico. (…) Al contrario, sottolinea De Lagasnerie, i rapporti di amicizia sono proprio i più fragili, perché non vengono imposti e tutelati dal contesto sociale, ma dipendono solo dalla scelta, che ciascun individuo compie, di portarli avanti e investirci energie.
Tornando quindi sulle problematiche relative ai rapporti di coppia e d’amore, per superare la crisi della coppia, De Lagasnerie dice: «non sarebbe più interessante cercare, al contrario, di rendere l’amore più simile all’amicizia?»
L’articolo completo su rivistastudio.com
Per riascoltare la playlist di Cult News del 14 febbraio, vai su Spotify e salvala tra i tuoi preferiti o segui ladisordinata su Instagram.
Cult News è in diretta ogni venerdì mattina dalle 10.30 alle 11.30; l’agenda culturale che spazia fra suoni, letture ed eventi.
Di e con Flavia Montecchi.