Mascherarsi inteso come mascherare la realtà, tramite i social, la comunicazione e la tecnologia. Poi parleremo anche del mascherarsi, della festa in sé per sé, del carnevale. Con Cult News di seguito una panoramica di spunti dal web, condivisi durante la diretta.

“Welcome to Trump Gaza”, dal profilo Instagram di Tlon e di più su tlonletter.it

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha appena condiviso sui suoi profili ufficiali un video, generato con l’intelligenza artificiale, in cui dalle macerie si passa a una scintillante GazaDubaiTrumpland, dove Trump e Netanyahu prendono il sole in spiaggia mentre Musk sparge sulla gente banconote come fossero coriandoli.

Non è uno scivolone comunicativo. Non è un errore di valutazione. È lo stato in cui la distinzione tra realtà e simulazione non solo sfuma ma viene abolita come irrilevante. (…) Il messaggio è chiaro ed è il seguente: “Noi facciamo quello che ci pare. (…)

L’Ipnocrazia di Trump e Musk non ha bisogno di fingere rispettabilità – anzi, la sua forza risiede proprio nella sfacciataggine con cui viola ogni convenzione, ogni norma, persino i limiti del buon gusto. Il suo potere non deriva dalla capacità di convincere, ma dall’abilità di stordire. (…)

Mentre noi disperatamente scriviamo analisi, elaboriamo teorie critiche, cerchiamo di dare un senso a tutto questo, loro sono già altrove, hanno già superato un altro limite. La vera domanda è se sia possibile sviluppare forme di resistenza che non vengano immediatamente riassorbite nella logica ipnocratica. Perché, alla fine, è questo il vero scandalo: che questa nuova forma di potere abbia reso la verità stessa irrilevante, sostituendola con un regime di simulazione permanente dove l’unica cosa che conta è la capacità di generare e mantenere stati alterati di coscienza collettiva. 

Qui il post completo.

“L’orrore è un contenuto virale” di Donatella della Ratta su Nero

(…) Nell’agosto 2016 la foto di Omran Daqneesh – ribattezzato dai social “the ambulance boy” – divenne l’icona della brutalità del regime siriano contro i civili. (…) In una delle rare interviste video concesse alla stampa occidentale, Assad osservò impassibile la foto del piccolo Omran (…) per poi dichiarare: “Questa foto è fabbricata, non è reale”. (…)

Non fu solo l’astuzia di Assad, né il suo assoluto monopolio sulla comunicazione in Siria, a decretare il successo di una strategia basata sull’incertezza digitale (…): su Internet tutto può essere manipolato. (…)

Ho amici che sono stati torturati, persino giustiziati, per aver prodotto immagini-prova. (…) In un mondo sempre più intrappolato nella logica della post-verità, organizzazioni come The Syrian Archive hanno insistito, ostinate, nel documentare e archiviare il reale.  (…) “L’immagine è la nostra memoria”, dicevano. (…)

Laddove i pixel siriani erano sfocati, tremanti per la paura di chi filmava (…) i palestinesi parlano in camera, direttamente. Si autofilmano, fissano l’obiettivo negli occhi e chiedono a loro volta di essere guardati. (…) La violenza, ora, è pienamente distinguibile, osservabile, misurabile. Stavolta non ci sono dubbi su chi bombarda, chi uccide, chi rade al suolo. Anche perché i carnefici stessi si filmano, fieri delle proprie azioni. (…)

La violenza selfie non è l’unica forma di aggressione visiva che emerge dalle macerie di Gaza. Un’altra (…) prende corpo attraverso le immagini sintetiche generate dall’intelligenza artificiale. Sono realtà parallele, costruite da strumenti come DALL-E e Midjourney – scenari non reali ma realistici. (…) Come quello suggerito da Gaza 2035, il progetto diffuso lo scorso maggio dall’ufficio del primo ministro Netanyahu. Le immagini IA mostrano una Gaza irriconoscibile rispetto alla situazione attuale: macerie scomparse, corsi d’acqua limpidi, spazi verdi e grattacieli ultramoderni. (…)

La violenza di queste immagini è evidente proprio perché apparentemente pacifica. Nessuno spargimento di sangue, nessuna distruzione. Chi non sa nulla del conflitto israelo-palestinese potrebbe leggerle come un progetto di sviluppo, un’iniezione di investimenti e benessere. Ma sono immagini di guerra, una guerra degli immaginari, combattuta attraverso algoritmi che modellano il futuro. 

L’articolo completo su not.neroeditions.it

“La festa perduta” di Laura Antonelli Carli su Il Tascabile
C’era una volta la gioia collettiva: i rituali estatici di gruppo, le danze scatenate alla luce dei falò, le feste dei folli, le processioni mascherate. (…)

Nei secoli le persone hanno sviluppato strategie per sperimentare una sorta di estasi comune: musica e danze, banchetti e alcol, maschere e travestimenti. (…) 

Ma la danza non era solo funzionale. A prescindere da ciò che i danzatori rituali dei tempi preistorici pensassero di fare – ricucire gli strappi all’interno del gruppo o prepararsi al prossimo scontro col nemico – è lecito presupporre che si stessero anche divertendo (…) 

Tolti alcuni capisaldi come la danza e i travestimenti, i rituali di gioia collettiva hanno assunto forme diverse a seconda dei luoghi e delle epoche, ma c’è una tradizione che incarna meglio di ogni altra lo spirito della festa: il carnevale.

Nel Medioevo il momento della festa era il rovescio del duro lavoro quotidiano.(…)

Se le feste ufficiali servivano a consacrare l’ordine sociale esistente e quindi le disuguaglianze e la verità già data, il carnevale era al contrario la festa del divenire, il trionfo del mondo alla rovescia, il rifiuto di ogni carattere definitivo. E, naturalmente, l’abolizione di tutti i rapporti gerarchici. (…) 

Ma oggi assistiamo a una trasformazione ancora più sottile e pervasiva della festa. Se un tempo gli eventi collettivi erano gestiti spontaneamente dal basso, poi assorbiti e controllati dalle autorità religiose e statali, oggi sono le aziende e i brand a orchestrare la gioia di massa. Un festival come Woodstock, nato come celebrazione della controcultura, si è trasformato in franchise commerciale. (…)

La progressiva erosione degli spazi di festa spontanea ha contribuito a plasmare individui sempre più isolati, impegnati a rincorrere una felicità privata che si realizza quasi sempre attraverso il consumo. La solitudine non è una condizione naturale ma il prodotto di precise scelte storiche e sociali. La gioia collettiva, con la sua capacità di creare legami e svelare possibilità di trasformazione, rappresenta forse il più potente antidoto a questa solitudine imposta.

L’articolo completo su iltascabile.it

Qui una selezione di concerti dal 28/2 al 5/3:

>Laibach, Venerdì 28/2 ore 21.30, Link, Bologna

>Lambrini Girls, Sabato 1 marzo ore 21.00, Bronson, Ravenna

>Talib Kweli, Domenica 2 marzo ore 19.30, Locomotiv, Bologna

>mòs ensemble, Mercoledì 5 marzo, ore 21.00, Freakout club, Bologna

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Cult News è in diretta ogni venerdì mattina dalle 10.30 alle 11.30; l’agenda culturale che spazia fra suoni, letture ed eventi.
Di e con Flavia Montecchi.