«Faccio appello a tutti i gruppi perché depongano le armi e me ne assumo responsabilità storica. Riunitevi per prendere la decisione e sciogliere il partito curdo dei lavoratori ed essere coinvolti nella vita civile e politica e ricostruire la storica fraternità con il popolo turco».
È con queste parole che si è concluso ieri il discorso storico del leader curdo del Pkk, Abdullah Öcalan, detenuto in Turchia da ormai 26 anni.
Apparso in foto dopo dieci anni e in buona salute, le parole del fondatore del Partito curdo dei lavoratori hanno sorpreso in molti, ma non vengono dal nulla. Altrettanto interessante sarà comprendere quali scenari possono aprire.
Le ragioni del discorso storico di Öcalan
L’idea di abbandonare la lotta armata, che è uno dei punti citati da Öcalan nel suo discorso di ieri, non è in realtà nuova. «Le sue parole richiamano la lettera dal carcere del 2013 – ricostruisce ai nostri microfoni Giuseppe Acconcia, docente di Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova – dove appunto parlava di disarmo e di fine della lotta armata».
Nel discorso di ieri, però, Öcalan è andato oltre. «Questa volta fa un passo avanti dicendo che bisogna addirittura sciogliere il partito che lui stesso ha fondato».
Il conflitto tra curdi e turchi va avanti da ormai quarant’anni e ha provocato più di 40mila morti. Perché proprio ora quel discorso?
«Forse la presa del potere di Ahmad al-Shara e di Hts in Siria ha aperto le porte alle dichiarazioni di Öcalan – segnala Acconcia – perché ora la Turchia, con la fine di Bashar al Assad in Siria, non si sente più minacciata dal Rojava e dal progetto del nord della Siria».
Tuttavia c’è il rischio concreto che l’Akp, il partito del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, manipoli le parole del leader curdo per utilizzarle contro la lotta di quel popolo.
Le prospettive dopo le parole del fondatore del Pkk
Il disarmo e lo scioglimento stesso del Pkk potrebbero «aprire alla pace e alla democrazia», sottolinea Acconcia. Non è detto che il gesto venga raccolto dalle autorità turche o che il percorso segua una traiettoria lineare, ma uno dei possibili scenari è senza dubbio la normalizzazione sia con i curdi che con la sinistra filo-curda.
In realtà «già da ottobre andavano avanti dei negoziati, che erano stati promossi con la mediazione del partito nazionalista Nhp, alleato politico di Erdoğan, perché proprio lui stesso spingeva per un discorso di Öcalan al parlamento turco in cui chiedeva la fine della parabola politica del Pkk».
La normalizzazione dei rapporti all’interno della politica turca, ad esempio, potrebbe portare alla fine degli arresti dei sindaci che operano nelle municipalità nel sud-est della Turchia, che fino ad oggi hanno avuto grandi difficoltà ad operare. Oppure il rilascio degli ex leader di Hdp, la sinistra filo-curda.
La prospettiva, insomma, è quella di una normalizzazione dei rapporti anche grazie alla fine delle mire curde per un proprio Stato, ma lo spostamento dell’obiettivo verso un’autonomia democratica.
Acconcia ai nostri microfoni dettaglia anche le possibili conseguenze nella politica siriana, attualmente in transizione dopo la deposizione di al-Assad.
Qui le milizie Ypg e Ypj potrebbero essere incluse in un esercito unico siriano, ma c’è l’incognità relativa a duemila miliziani curdi che, secondo Ankara, sono sovrapponibili al Pkk e dovrebbero essere arrestati o rimossi.
Una normalizzazione verso la pace, tuttavia, potrebbe registrarsi anche in questo contesto, così come in quello iracheno.
ASCOLTA L’INTERVISTA A GIUSEPPE ACCONCIA: