Parlare troppo, parlare poco. Ascoltare tutto: musica, podcast, suoni. Viviamo in un’era di inquinamento acustico e siamo sempre di più assuefatti dai suoni. Ma quando comprenderemo l’importanza del silenzio? E poi cosa vuol dire silenzio. Con Cult News di seguito una panoramica di spunti dal web.
Il silenzio. Intervista con Milo De Angelis di Corrado Benigni su doppiozero.com
Il silenzio che in questi giorni abita le nostre strade può essere l’occasione per riflettere su un silenzio più interiore, per indagare la parte più profonda di noi?
Da una parte ritengo di sì: la città vuota e metafisica si innesta perfettamente nel silenzio che regna da sempre dentro di noi e, guardandola dal balcone, mi sembra di celebrare delle tacite nozze con lei. Dall’altra però questo silenzio carcerario, non essendo nutrito dal gioco degli incontri e delle esperienze umane, può diventare soffocante e ha bisogno di incursioni quotidiane nella memoria per ritrovare il suo calore. (…)
In che rapporto stanno silenzio e invisibile?
C’è il silenzio tra due note e il silenzio di entrambe le note, diceva Nisargadatta. C’è il silenzio che ricorda la parola precedente e attende quella successiva, ma c’è anche un silenzio mistico che si distende all’infinito e non è più legato alla dialettica tra ricordo e profezia. Questo silenzio senza prima né dopo, questo silenzio propriamente assoluto – ossia sciolto da ogni vincolo cronologico – è quello in cui emerge l’invisibile. Lì possiamo metterci in ascolto della musica sotterranea che percorre i nostri incontri, possiamo vedere le presenze impercettibili che animano oscuramente ogni cosa e la percorrono con il loro respiro nascosto, mostrano infiniti mondi sotto la parte emersa del mondo. Forse non è un caso che la fotografia, arte silenziosa per eccellenza, punti all’invisibile di ogni oggetto e di ogni creatura. (…)
Quali sono i poeti che meglio hanno saputo tradurre il silenzio in parola?
Giacomo Leopardi, Gerard De Nerval, Novalis: poeti del buio legati agli spazi taciturni. In realtà la notte e il silenzio sono uniti da sempre, promessi sposi fin dall’inizio. Pensiamo ai lirici greci, a Saffo, ad Alcmane, ai versi meravigliosi in cui dormono le cime dei monti e le vallate, dormono le rocce, gli sciami, i mostri e gli abissi, si nascondono in fondo al mare illuminato dalla luna. Oppure ritorniamo a Torquato Tasso e ai suoi Madrigali, quando diventano muti i baci e i sospiri degli amanti e “ne la notte bruna / alto silenzio fa la bianca luna”. Oppure, nel nostro Novecento, pensiamo a Giovanni Pascoli, a Dino Campana, al Montale di Arsenio o di Notizie dall’Amiata. (…)
La scomparsa del silenzio di Francesca Mastruzzo su lucysullacultura.com
Per millenni l’uomo ha vissuto in silenzio. Come racconta Remo Bassetti in Storia e pratica del silenzio (Bollati Boringhieri), la vita di chi è nato prima della Rivoluzione industriale era scandita da pochi suoni e rumori: quello delle campane, quelli della natura e quelli di qualche artigiano. Più raramente si sentiva la musica o il canto di un cantastorie. A mancare, penso io, non era solo l’inquinamento acustico di industrie e automobili, ma l’intrattenimento acustico: i suoni, carichi di un significato culturale, a cui ci si espone più o meno coscientemente. (…)
Dall’invenzione della radio in poi, gli uomini hanno deciso più o meno coscientemente di eliminare totalmente il silenzio dalla loro vita. Man mano che diventavano disponibili nuovi dispositivi, l’intrattenimento sonoro, che un tempo era limitato a occasioni e luoghi specifici, si è sviluppato sempre di più. (…) Abbiamo un’abbondanza di intrattenimento sonoro e più modi e dispositivi per fruirne. (…)
Secondo una ricerca dell’istituto Kennedy Krieger, dal 43 al 52% dei bambini nello spettro con disturbi sensoriali ha reagito a un ambiente uditivo rumoroso ferendosi o ferendo gli altri. Per loro, l’ambiente che abbiamo creato è invivibile. (…) Ma perché il silenzio ci fa tanto orrore? Da cosa scappiamo?
Il silenzio delle ragazze di Carol Gilligan, internazionale.it
Sono tornata a lavorare nelle scuole femminili. Ho ricominciato ad ascoltare le voci delle ragazze e a interrogarmi sui silenzi delle donne. Negli anni ottanta ho ascoltato e parlato con centinaia di ragazze tra i sette e i 18 anni in varie scuole negli Stati Uniti. (…)
Soprattutto, ricordo di essere rimasta colpita da quanto la gente s’impegnasse a chiudere la bocca alle ragazze. (…)
Ascoltare le ragazze mi ha fatto ripensare a ciò che intendiamo quando parliamo di relazioni. Il dipartimento della sanità degli Stati Uniti ha parlato del dilagare della solitudine e di come i contatti siano essenziali per la nostra sopravvivenza e il nostro benessere. Ma mettere a tacere le ragazze è la spia di un problema più profondo. Da loro ho imparato cos’è il momento in cui si decidono le sorti di una relazione. Quello in cui se dici cosa senti e cosa pensi nessuno vuole stare con te e se non lo fai se ne vanno tutti. In un modo o nell’altro, sei sola. È un problema diffuso, ma ascoltare le ragazze è stato rivelatore e rivoluzionario nel definire un problema – la crisi di connessione – che è diventato pervasivo e urgente.
(…)
“Non lo so… non lo so… non lo so”. Quando le ragazze attraversano la soglia che le porta dall’infanzia all’adolescenza, nelle interviste questa frase si ripete continuamente. Ascoltate e interrogate con attenzione, spesso le ragazze dimostrano di sapere quello che dicono di non sapere: su se stesse, sugli altri e sul mondo in cui viviamo. Sembra quasi che abbiano smesso di fidarsi della loro conoscenza e abbiano imparato a nascondere ciò che sanno per paura di offendere qualcuno o di dare la risposta sbagliata. Di non dire quello che gli altri vogliono sentire. (…)
Le ragazze mi hanno insegnato che la voce sotterranea è più accessibile di quanto immaginassi, ma anche che, per sentirla, devo mettere in dubbio la voce di copertura.
Da “Il silenzio è cosa viva” di Chandra Livia Candiani, capitolo: Il silenzio onesto, 2018 Einaudi
Non tutti i silenzi sono uguali. Come, grazie alla consapevolezza del vivere, si diventa sensibili alla luce, alle diverse sfumature di luce in diversi luoghi, in differenti momenti della giornata e delle stagioni, cosí si colgono miriadi di sfumature nei silenzi nostri e altrui, silenzi umani, silenzi degli animali, degli alberi, silenzi minerali.
Il silenzio non è tacere né mettere a tacere, è un invito, è stare in compagnia di qualcosa di tenero e avvolgente, dove tutto è già stato detto. Il silenzio sorride.
Caro silenzio, aiutami a non parlare di te, aiutami ad abitarti. Addestrami. Disarmami. Tu mi insegni a parlare. Eccomi, mi lascio rapire. Non lascio niente a casa, niente di intentato. Ci sono. In te. Arte del congedo per ritrovare.
Arte dell’a-capo che insegna a lasciarsi scrivere. Il silenzio semina. Le parole raccolgono.
Il silenzio è cosa viva.
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Di e con Flavia Montecchi.