Indubbio dire che dalla presidenza di Donald Trump il mondo sta cambiando. Si è parlato di Stati Uniti d’Europa e si parla ancora dell’investimento militare per rafforzare la difesa. Su Cult News abbiamo condiviso letture dal web su questo tema, parlando anche di possibili nuove comunità, di futuri di pace e infine di leggerezze. Ecco le principali letture:

“Il continente fa ricchi i mercanti d’armi” di Herman Staal, Nrc Handelsblad, Paesi Bassi.

La guerra in Ucraina e l’annuncio del piano di riarmo dell’Unione europea fanno crescere la domanda di armamenti. È la scelta giusta per la sicurezza del continente? (…) 

Con Donald Trump alla Casa Bianca l’Europa vorrebbe diventare più indipendente dagli Stati Uniti, soprattutto sul piano della difesa. Eppure negli ultimi cinque anni nel commercio di armi c’è stata una tendenza opposta. 

Sono i risultati del rapporto annuale dello Stockholm international peace research institute (Sipri) presentato il 10 marzo 2025: afferma il ricercatore olandese del Sipri, Pieter Wezeman: “Negli ultimi cinque anni le importazioni dagli Stati Uniti sono aumentate. Gli stati europei che fanno parte della Nato hanno ordinato a Washington quasi cinquecento aerei da combattimento e diversi altri armamenti. Insomma, si tratta di un legame molto difficile da spezzare”.

“Fino a quattro o cinque anni fa, ogni tanto ci chiedevamo se l’industria bellica europea non fosse un po’ noiosa”. Oggi invece i ricercatori si chiedono se l’uso della parola peace, pace, nel nome dell’istituto sia ancora corretto. Secondo Wezeman sì. “La pace dipende anche dal mercato degli armamenti. I paesi si devono porre domande importanti, per esempio di quali armi hanno davvero bisogno, se non si spingono troppo oltre nel comprarle, se non sia necessario fare degli accordi per tenerle sotto controllo. E noi diamo un contributo alla discussione”. (…)

Secondo Wezeman nei prossimi anni l’industria bellica europea svolgerà un ruolo più rilevante anche alla luce del piano da 800 miliardi di euro presentato dalla Commissione europea per rinforzare la sicurezza del continente. (…)

Continua Wezeman: “Ma c’è da chiedersi: è davvero così indispensabile aumentare gli armamenti tanto in fretta? (…) Forse non facciamo abbastanza per contrastare quella che probabilmente è la vera minaccia: la guerra ibrida, le operazioni di sabotaggio della Russia, i tentativi di indebolire il sistema democratico dall’interno. Non servirebbero piuttosto molti più investimenti per far fronte a queste minacce?”

articolo completo su internazionale.it

“È tempo di rifondare le società umane su principi di solidarietà e beni comuni“ di Monica Ceci

Il Capitale nell’Antropocene, uscito in Giappone nel 2020 nel mezzo del lockdown, è diventato a sorpresa un bestseller da mezzo milione di copie, in gran parte acquistate da giovanissimi: «È stato bello sapere che le persone stavano aspettando un’alternativa», dice sobrio l’autore Saitō Kohei, Classe 1987, studi in Giappone, in Usa e in Germania, docente di filosofia all’Università di Tokyo. (…)

Per l’intervista a Marie Claire continua: “Non si tratta di abbandonare la tecnologia, di rinunciare a tutto ciò che è comodo e piacevole e ritirarsi nella natura a vivere di bacche. (…)

Il primo passo della decrescita è mentale: riconoscere l’eccesso. Anche se non compri dieci vestiti all’anno ma solo cinque o sei, che è sempre molto, puoi comunque godere della moda. Questo ragionamento vale per tutto il sistema del capitalismo, dal mangiare troppa carne al prendere troppi aerei. Oltre un certo limite, consumare di più non ti rende felice, ti fa solo spendere di più, quindi lavorare di più, sopportare più stress e competizione. (…) La crescita deve fermarsi. Non ha senso parlare di capitalismo verde o di crescita sostenibile.

(…) Oggi i ricchi tendono a monopolizzare il benessere e consumano in modo sproporzionato le risorse del pianeta. Io promuovo il comunismo non per rimettere in vigore la dittatura del proletariato ma per riabilitare i beni comuni. Internet, scuole, sanità dovrebbero essere beni gratuiti e non mercificati perché sono necessari a tutti. Non costruiamo ospedali per guadagnare, ma per curare le persone e le loro malattie. Questa è la mia idea di comunismo della decrescita. (…)

articolo completo su marieclaire.it

“Costruire futuri: stakeholders engagement e community building” di Cristina Bertazzoni e Stefano Colmo

Nella costruzione di comunità capaci di immaginare e attrarre futuro è indispensabile coinvolgere il maggior numero possibile di soggetti, siano essi istituzioni, attori economici, enti del terzo settore o individui. In sintesi, tutti coloro i quali, più o meno consapevolmente, sono portatori di interesse rispetto ai futuri che si vanno costruendo.

Le comunità abitano luoghi e i futuri sono luoghi che non esistono ancora, dunque possono essere immaginati e “costruiti” insieme. Anche le comunità non esistono ma richiedono di essere attivate; i territori sono infatti luoghi complessi in cui in modo frammentato e non connesso operano attori con interessi, competenze e capacità diversi, i quali svolgono funzioni e attività differenti, con scopi ed interessi altrettanto diversi. Per queste ragioni, nell’attivare processi di engagement e community building è fondamentale adottare un approccio multistakeholder, ecosistemico, capace di coinvolgere e abbracciare punti di vista ampi in grado di includere sguardi, idee, attitudini mentali, interessi differenti, a volte anche apparentemente contrastanti.

articolo completo su chefare.com

“Essere lievi come una nuvola di borotalco, il ricordo di Eleonora Giorgi” di Elisa Fuksas

Gli anni Ottanta sono la mia infanzia, il posto migliore e peggiore che ho visitato, il posto da cui scappare e in cui posso tornare. Da dimenticare e glorificare. Nel 1982 esce Borotalco di Carlo Verdone (…)

Lì dentro c’erano: la leggerezza, la poesia, i grandi sentimenti. Carlo Verdone (Sergio) irresistibile imbranato in stato di grazia, Eleonora Giorgi (Nadia) nel pieno degli anni, bella e vitale, e poi gli Stadio, Lucio Dalla, quelle canzoni che ancora ascoltiamo, di cui ancora sappiamo le parole.

La vita si sa che è complicata e che Borotalco è una favola come ci garantisce il suo finale: in fondo alle cose ci si ritrova, si cambia ma non veramente, è vero che il tempo passa e continuerà a passare e che i capelli di Nadia sono lisci: «Hai cambiato pettinatura», «ti piace?» «molto» (…)

C’è un tempo, che forse in realtà c’è sempre ma noi non lo consideriamo, in cui le cose minuscole, apparentemente insensate, diventano fondamentali, come un po’ di profumo. Come una nuvola di borotalco. Lieve come lei, come Eleonora Giorgi.

articolo completo su domanieditoriale.it

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Di e con Flavia Montecchi.