Redazione Vanloon: L’11 settembre 1973 Salvatore Allende pronuncia il suo ultimo discorso. Lo pronuncia nel palazzo presidenziale La Moneda, circondato e bombardato dai caccia Hawker Hunter. Il colpo militare è guidato da generale Augusto Pinochet Ugarte, comandante in capo dell’Esercito Cileno. Inizia così la sanguinosa dittatura militare che rovescia il Governo Socialista e che porterà a milioni di desaparecidos. Cile 50, viaggio attraverso il golpe, è lo speciale di Vanloon sull’11 settembre 1973, in onda sui 103.1 FM di Radio Città Fujiko. Sono passati 50 anni ma l’eredità della dittatura non si è conclusa con la fine formale del Regime del 1990. Le voci dei protagonisti, la cronaca, le interviste, i giornali per raccontare, ricordare e riflettere, in podcast su www. radiovanloon. info e su tutte le piattaforme.
Redazione Vanloon: Forse potrà sembrare un assioma, un’ovvietà, ma in Cile è impossibile dimenticare il passato. La cronaca di queste settimane, in cui anche i medi italiani hanno spesso parlato di questo paese, sembra testimoniarlo, e in maniera chiara. A Santiago i negozi sono stati chiusi, alcune palazzine sono ancora abbandonate dopo le fiammate delle proteste in piazza. Le scritte ancora ricordano l’Estallido social, la grande ondata di mobilitazioni del 2019. Ma c’è un passato, più lontano, di cui abbiamo parlato in queste quattro puntate, che torna a bussare alle porte del Cile di oggi, quello dell’11 settembre del 1973, e della lunga dittatura militare di Pinochet. Destra e sinistra si sono scontrate in questi mesi in un dibattito pubblico sempre più polarizzato e più lacerato. Da un lato ci sono le associazioni dei familiari delle persone uccise o desaparecide, i partiti della sinistra, i sindacati e i collettivi, a ricordare la tragedia iniziata con il bombardamento della Moneda. Dall’altro ci sono la destra, opinionisti conservatori e neoliberisti, che hanno accusato il presidente Boric di voler trasformare il Cile in un nuovo Venezuela, facendo così naufragare la riforma costituzionale del 2022. Nel farlo hanno portato avanti l’idea che i militari, nel golpe degli anni 70, siano stati dei liberatori dal caos, dal terrore e dalla violenza di Unidad Popular. Per chiudere il ciclo di Cile 50 ci è sembrato per questo utile andare a mettere le mani nella cronaca di queste settimane, per avere un esempio evidente di come il passato spesso possa diventare un campo di battaglia. Non potevamo essere là, ovviamente, per cui abbiamo chiesto ad amiche ed amici di Vanloon di raccontarci com’è andato l’11 settembre cileno del 2023. I primi a risponderci sono stati Consuelo e Michele, due ricercatori divisi tra la Gran Bretagna e la Svizzera, lei cilena e lui trentino. Consuelo ci ha raccontato di come il movimento del 2019 sia importante per capire cosa sia il Cile di oggi. Un movimento grande, variegato e finalmente poco settorializzato. Che però ha perso forza nel momento in cui si è affacciato alla politica istituzionale, arrivando ai risultati di oggi, in cui c’è un Governo di sinistra appeso ad una maggioranza parlamentare fortemente di destra. Questa situazione si è vista anche nelle commemorazioni ufficiali. Pur essendo stato proclamato il lutto nazionale, una fetta importante della destra ha disertato ogni appuntamento di celebrazione, tra cui il minuto di silenzio. Rivendicando in maniera pubblica il suo appoggio al regime di Pinochet, qualcosa che negli anni scorsi non era pensabile. Aggiungiamo noi un aspetto che è sicuramente preoccupante. Il presidente Boric ha lanciato negli scorsi mesi il Plan Nacional de Búsqueda, un coraggioso progetto volto a ritrovare 1162 desaparecidos che sono rimasti senza sepoltura e identificazione, e che prevedeva come passo importante la desecretazione degli archivi. La destra ha bocciato anche questa proposta. La seconda amica che ci ha risposto è stata Veronica, che negli ultimi anni ha viaggiato molto in Cile per motivi personali e professionali. E si è confrontata sia con le realtà più istituzionali ma anche con i centri culturali di base di Santiago. Ha quindi condiviso con noi le sue impressioni della grande manifestazione dell’11 settembre di quest’anno.
VERONICA: Quello che da persona non cilena ma che ha una treccia di relazioni e passa parecchio tempo in quel territorio culturale geopolitico, quello che io sento è che da un lato c’è stata una grandissima e felice espressione di rivendicazione nei confronti di quanto avvenuto. È stata una manifestazione molto settorializzata, nel senso che quello che io ho percepito, almeno da persona che lavora nel mondo dello spettacolo, quindi ha a che vedere soprattutto con quello che per ogni categoria sociale, culturale e professionale abbia, come dire, espresso la sua necessità di memoria e di non ricadere in quanto accaduto, dal suo punto di vista e da quanto e come il suo settore o il suo gruppo sociale ha vissuto quel momento, visse quel momento. Si sono aperti gli archivi della memoria rispetto al ruolo delle lavoratrici, dei lavoratori dello spettacolo, comunità LGBTQIA +, televisione nazionale, scrittori e scrittrici. Insomma, è stato molto importante, credo, in Cile ricordare, a parte le persone desaparecite e morte, ricordare come si è resistito in ogni categoria sociale.
Redazione Vanloon: Come dicevamo, Veronica ha viaggiato tanto attraverso il paese ed è stata spesso anche nei territori cileni dei popoli originari del Cile e per questo ci ha offerto un’altra prospettiva per guardare all’11 settembre.
VERONICA: La posizione della comunità dei popoli originari, quindi la comunità Mapuche, quindi la posizione di Gualmapu, territorio occupato, oggettivamente militarizzato, in cui Salvatore Allende viaggiò e in cui sostanzialmente non c’è ancora un reale dialogo aperto per una demilitarizzazione dei territori. E quindi rappresentanti politici e rappresentanti culturali, accademici, universitari, Mapuche, hanno giustamente utilizzato lo spazio dell’11 settembre per ricordare che è lì che bisogna andare, che è urgente. E il popolo cosciente cileno lo sa. È importante rivedere e interrompere un’occupazione militare sostanzialmente dei territori.
Redazione Vanloon: Infine chiudiamo con la notizia dell’arresto e della condanna dei militari responsabili dell’omicidio di Victor Yara, il musicista comunista volto degli anni di Unidad Popular. Che venne torturato e ucciso nello stadio di Santiago, che oggi porta proprio il suo nome. Un’operazione che ha un valore simbolico, a modo di risarcimento per tutte le vittime che sono rimaste senza giustizia. Il sito della Fondazione Victoria Ara ha riportato la notizia del suicidio di uno dei suoi aguzzini, in maniera asciutta, e però ben visibile sulla prima pagina del sito. Noi ci permettiamo di dire che i peggiori se ne vanno sempre troppo tardi. Per salutarvi e ringraziarvi di aver seguito Cile 50, lo speciale di Vanloon e di Radio Città Fujiko per i 50 anni dal colpo di Stato in Cile, prendiamo a prestito le parole di Veronica, che ringraziamo ancora una volta assieme a Consuelo e Michele.
VERONICA: E detto questo, l’ultima cosa che mi viene da dire è che sento che sia importantissimo tutto quello che ti ho detto fino adesso, perché la destra, l’estrema destra cilena, quello che stanno cercando di fare è demonizzare le figure di Salvador Allende, di Gladys Marine, di tutta una serie di persone, anche morte recentemente, che hanno avuto un ruolo di resistenza e che hanno dato la vita per evitare, cosa che poi non si è potuta realizzare, il golpe di stato di Pinochet. Quindi c’è tutta una retorica di revisionismo storico che è gravissima ed è pericolosissima e quindi le voci si sono alzate anche in questo senso ed è super importante. Credo che sia stato un 11 settembre molto sveglio dal punto di vista della necessità di lotta. Probabilmente si riassume tutto un po’ in quello che diceva la buona Gladys Marin molto vicino a Salvador Allende quando diceva “non bisogna smettere di lottare, non dobbiamo smettere di lottare anche se ci dovessimo perdere la vita.” Sembra una frase abbastanza semplice in realtà nel Cile di oggi e secondo me nella situazione internazionale generalizzata di oggi è qualcosa che si dimentica facilmente che dovremmo cercare di mantenere appunto epidermicamente presente.
Redazione Vanloon: Il ciclo di profondi cambiamenti del Governo Allende fu una sfida che un sistema impotente e in crisi non riuscì a sopportare. La violenta boccata d’ossigeno della libertà risultò fulminante e la guardia pretoriana fu chiamata per ripristinare l’ordine, il piano di pulizia e un piano di sterminio “. Edoardo Galeano, le vene aperte dell’America Latina.
Redazione Vanloon: Cile 50, viaggio attraverso il golpe, è uno speciale realizzato dalla redazione di Vanloon in onda sulla città Fujiko per il 50° anniversario del colpo di Stato in Cile dell’11 settembre 1973.