Il mondo delle cooperative ha presentato le proposte e i punti programmatici per una Bologna più inclusiva. Un documento che riassume l’impegno delle cooperative per Bologna e un appello rivolto alla futura amministrazione «perché – sottolinea Rita Ghedini, presidente di Legacoop Bologna – il Covid ci ha messo di fronte all’importanza della reciprocità, delle relazioni e del reagire insieme di fronte alle difficoltà».

Bologna Si-cura: «L’individualismo nuoce gravemente alla salute»

Sei i punti fondamentali del programma delle cooperative: innanzitutto il lavoro, inteso come «lavoro “buono”, di qualità», precisa Ghedini. Poi i giovani e la formazione e, ancora, l’innovazione, il welfare inteso come asse strategico, la mobilità e l’abitare.
Il titolo del documento è “Bologna si-cura”, uno slogan che racchiude in sé il senso di tutta la linea programmatica presentata: «Il modello di ripresa post-pandemia deve avere al centro la “cura” come perno uno sviluppo sostenibile sia per la società che per l’ambiente. Riteniamo che ci sia la necessità di uno sforzo comune: la pandemia, infatti, ci ha insegnato che l’individualismo nuoce gravemente alla salute», sottolinea Ghedini.

L’attività delle cooperazione ha come obiettivo quello di ridurre le disuguaglianze e le fratture sociali, questo «in modo da aiutare tutto il territorio e la comunità per raggiungere gli obiettivi previsti dall’agenda Onu 2030 sulla sostenibilità, il cui raggiungimento è tutt’altro che scontato – dice la presidente di Legacoop Bologna – Questo si traduce in politiche urbane che vadano a superare la polarizzazione tra centro e periferia e garantire servizi in tutto il territorio bolognese».
Questo è possibile, secondo le coop, solo se si attuano politiche urbane che siano in grado di superare la separazione e la polarizzazione tra centro e periferie. E questo significa riuscire a spostare servizi adeguati e accessibili in tutti i quartieri. Anche servizi e occasioni culturali, come pure verde e spazi di aggregazione.

Altro punto di interesse, per uno sviluppo economico più sostenibile da un punto di vista sociale, è considerare il fatto che il 60% delle persone che lavorano nelle cooperative sono donne. «Questo significa – chiarisce Rita Ghedini – che la cooperazione è naturalmente un fattore che tende a favorire l’inclusione femminile delle donne. È qualcosa di cui si deve tenere conto e che l’amministrazione deve avere ben presente».

Medea Calzana

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