Fin dal giorno successivo al disastro che si è abbattuto sull’Emilia-Romagna sono andati a spalare il fango dalle case delle popolazioni romagnole colpite, ma da allora hanno detto che la questione non si sarebbe risolta “solo” con la solidarietà. È per questo che sabato prossimo, 17 giugno, ad un mese esatto dall’alluvione in Emilia-Romagna ci sarà una marcia popolare di 10mila stivali «per portare in Regione il fango che abbiamo spalato».
La manifestazione, promossa da realtà come Plat e Bologna For Climate Justice e con la partecipazione di Fridays for Future e Collettivo di Fabbrica Gkn, partirà alle 16.00 da piazza XX settembre, farà tappa sotto la Regione in viale Aldo Moro e si concluderà in piazza dell’Unità.

10mila stivali nella marcia popolare per chiedere conto alla Regione dopo l’alluvione

«L’alluvione – si legge nel testo che convoca la manifestazione – non è un evento improvviso: è crisi climatica, è la volontà politica di investire per decenni sul costruire un territorio per il profitto e non per la vita bella e sicura di chi lo vive». Per questo motivo, gli organizzatori della marcia individuano responsabilità chiare sulle spalle di chi, negli ultimi decenni, pur conoscendo i rapporti scientifici sul cambiamento climatico e sul consumo di suolo, ha continuato a investire sulle fonti fossili e ad asfaltare il territorio, autorizzando costruzioni anche in aree ad alto rischio alluvionale.

Il dito, dunque, è puntato contro la Regione Emilia-Romagna, sotto cui verrà portato il fango spalato nelle scorse settimane. In particolare, gli organizzatori della marcia popolare non accettano la spiegazione fatalista avanzata da alcuni, secondo cui la quantità di precipitazioni cadute in poche ore ha prodotto un disastro inevitabile, che nessun sistema idraulico avrebbe retto. «Non l’accettiamo noi, ma nemmeno chi ha le competenze dice che non è così, come è emerso anche nella conferenza scientifica che abbiamo organizzato domenica scorsa – afferma ai nostri microfoni Marco Palma di Bologna for Climate Justice – Certamente le piogge sono state importanti, ma il territorio è uno dei più antropizzati d’Europa e il consumo di suolo lo ha reso fragile e lo ha esposto a ciò che sarebbe potuto accadere secondo i report di istituzioni che da diversi anni mettono in guardia».

Nessun alibi per il decisore politico, dunque, nonostante ciò che ha detto il presidente della Regione Stefano Bonaccini in seguito ad una contestazione pochi giorni fa. Bonaccini ha detto di non sentirsela di accusare gli amministratori che lo hanno preceduto e che hanno dato l’attuale assetto al territorio regionale.
Ma i 10mila stivali non hanno bisogno di andare così indietro nel tempo ed evocano l’ormai tristemente famosa legge urbanistica regionale 24/2017, presentata come legge che avrebbe fermato il consumo di suolo, ma che in realtà non ha raggiunto l’obiettivo.
Per gli organizzatori della marcia popolare, in particolare, non si dovrà ricostruire tutto come prima e i profitti non dovranno più essere anteposti alla cura e alla sicurezza del territorio.

In particolare la manifestazione chiederà lo stop immediato a due progetti che insistono in Emilia-Romagna. Da un lato lo stop al rigassificatore di Ravenna, simbolo delle fonti fossili climalteranti, responsabili del surriscaldamento globale, dall’altro lo stop al Passante di Mezzo, emblema del consumo di suolo (che produrrà la cementificazione di ulteriori 40 ettari) che, sottolinea Palma, «consentirà l’allargamento di tutte le autostrade della nostra regione.
Per dimostrare che la lezione dell’alluvione è stata imparata, dunque, per i 10mila stivali bisogna cominciare dall’abbandono di queste due grandi opere per invertire la rotta.

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