Oltre 200 vittime e un numero ancora non precisato di dispersi (comunque tantissimi) e danni incalcolabili che richiederanno mesi, se non anni per essere ripagati. È il bilancio, ancora provvisorio, del disastro climatico a Valencia la settimana scorsa e che ha sconvolto l’intera Spagna e non solo. Un disastro che, come riporta in una corrispondenza ai nostri microfoni Alice Fatone, italiana che lavora all’Università di Valencia e vive nella città dal 2019, tutti considerano «evitabile».
Quel che è peggio è che la gestione degli aiuti, sia per ciò che concerne i soccorsi pubblici che per quanto riguarda la gestione dei volontari che si sono resi disponibili a dare una mano, appare disastrosa quanto l’alluvione.
Il dramma dell’hinterland di Valencia: una strage evitabile
Il racconto della nostra connazionale su quanto accaduto ormai una settimana fa si concentra molto sulla tempistica dell’allarme dato dalle autorità nell’hinterland valenciano. «I messaggi sono arrivati tra le 20 e le 22 di sera, quando ormai le persone erano morte e travolte dalla furia delle acque», racconta Fatone.
Il dito è puntato sul governatore della regione, Carloz Mazon, che ha sottovalutato quanto stava accadendo nonostante l’Agenzia nazionale spagnola per il clima avesse previsto già da tempo che sul territorio sarebbe caduta una quantità di acqua quanto quella che cade in un anno.
Non solo: forse per non cedere la gestione allo Stato, Mazon ha rifiutato pure di chiedere l’aiuto dell’esercito per non gestire la situazione.
La rabbia si è concentrata, proprio come avvenuto a Bologna, anche nel settore del lavoro perché, nonostante la situazione cominciasse già a essere emergenziale, l’azienda spagnola di distribuzione Mercadona non ha fermato i corrieri che guidavano i propri furgoni e li ha esposti al rischio. Molti di loro, alla fine, hanno perso la vita. «C’è rabbia anche nei confronti delle multinazionali», sottolinea Alice.
Quella di Valencia è a tutti gli effetti una strage di lavoratrici e lavoratori, travolti dalle acque, rimasti incastrati nelle strade dell’entroterra perché non allertati per tempo di quanto stava per accadere.
Al contrario, il mondo accademico ha ricevuto l’allerta per tempo, aggravatasi nel corso della giornata, e prima l’attività didattica e poi qualunque attività sono state sospese.
La disastrosa gestione degli aiuti alle popolazioni colpite
La corrispondente racconta però che la rabbia della popolazione cresce anche a causa della pessima gestione degli aiuti alle popolazioni colpite dalla furia delle acque: «In molti paesi mancano i mezzi pesanti per rimuovere le auto o il fango, in alcune zone non sono ancora arrivati i beni di prima necessità e mancano i camion per portare gli aiuti raccolti in campagne solidali e Mazon ha rifiutato anche l’aiuto di soccorritori da altre città, convinto di poter gestire la situazione da solo».
Fatone racconta come la Generalitat avesse chiesto un’organizzazione dei volontari, con punto di ritrovo alla Città della Scienza di Valencia. «Si sono presentate 10mila persone, ma hanno aspettato ore in fila perché l’organizzazione era pessima e non sapevano cosa fare».
Anche per questo ieri si è manifestata la rabbia nei confronti del re Felipe, del premier Pedro Sanchez e Carlo Mazon con lanci di fango. «C’è stato un dispendio grandissimo di forze dell’ordine per accompagnare le autorità nel punto zero della tragedia – racconta Fatone – e ciò viene considerato inutile perché le forze dell’ordine servono ad aiutare le popolazioni colpite».
Le grida «assassini, assassini!» nei loro confronti testimoniano la rabbia e sottolineano come a Valencia vi sia la convinzione che centinaia di persone sono morte perché non è stata informata la popolazione di quello che stava per accadere.
ASCOLTA LA CORRISPONDENZA DI ALICE FATONE: