Le sempre più frequenti manifestazioni della crisi climatica, che anche nel territorio bolognese si sono concretizzate in ripetuti alluvioni e frane, costringono a ripensare anche aspetti della vita quotidiana che vengono stravolti. Tra questi senza dubbio c’è il lavoro, con il forte rischio che a pagare le conseguenze più pesanti del nuovo scenario siano le componenti più fragili, lavoratrici e lavoratori.
Dopo le polemiche per i riders che lavoravano nelle strade di Bologna trasformatesi in fiumi di acqua e fango e il rischio di delocalizzazione del centro protesi di Vigorso, a Budrio, colpito dalle alluvioni, la settimana scorsa in Città Metropolitana è stata siglata un’intesa per tutelare meglio lavoratrici e lavoratori di aziende colpite da fenomeni climatici estremi.
Le linee di indirizzo per tutelare lavoratrici e lavoratori nella crisi climatica
Sono linee d’indirizzo condivise da adottare per tutelare i lavoratori in caso di calamità naturali quelle approvate in un verbale di incontro siglato dai sindacati confederali e dalle associazioni datoriali giovedì scorso in Città Metropolitana a Bologna. Si tratta di disposizioni da utilizzare «quando si verificano casi che rendono impossibile svolgere il proprio lavoro».
Lo scopo, spiega ai nostri microfoni Michele Bulgarelli, segretario della Cgil di Bologna, è «dotarsi di strumentazioni per evitare di esporre lavoratrici e lavoratori a situazioni di rischio per la propria incolumità, ma anche difendere il posto di lavoro, perché non possiamo pensare di avere licenziamenti o delocalizzazioni, ma nemmeno gestire l’emergenza utilizzando giorni di ferie o permessi di lavoratrici e lavoratori».
I rischi che corrono i lavoratori e le lavoratrici durante le emergenze dettate dalla crisi climatica sono di vario tipo. A partire dal “ricatto” salariale che ha permesso che durante l’ultima alluvione di Bologna i riders continuassero a effettuare consegne.
Su questo episodio la Cgil ha presentato un esposto in Procura. «Mentre i riders di Just Eat erano a casa remunerati – osserva Bulgarelli – quelli delle altre piattaforme, cioè quelle che non inquadrano come dipendenti i propri lavoratori, hanno deciso di non sospendere il servizio, esponendoli al rischio».
Ma i rischi sono anche quelli di licenziamenti o delocalizzazioni. E in questo senso la Cgil ha già protestato contro la volontà manifestata dal centro protesi Inail di Vigorso, a Budrio, di delocalizzare l’attività per le conseguenze dell’alluvione.
Nello specifico, l’intesa raggiunta in Città Metropolitana prevede l’utilizzo dello smart working in caso di emergenza, ammortizzatori sociali per lavoratrici e lavoratori di aziende colpite dall’emergenza climatica, in modo da non costringerli a ricorrere a ferie, permessi o altre spettanze, ma anche tutele per tutto il sistema degli appalti, pubblici e privati che vengono coinvolti direttamente o indirettamente dalla chiusura del luogo di lavoro e tutele anche per quelle lavoratrici e quei lavoratori che, pur non lavorando in un’azienda colpita dall’emergenza, sono impossibilitati a raggiungere il posto di lavoro o hanno avuto la casa allagata.
Nel documento si legge che occorre «dare massima priorità alla salute e sicurezza del lavoro e all’incolumità di lavoratrici e lavoratori negli interventi di ripristino delle attività» e «intervenire a tutela del lavoro autonomo utilizzando tutti gli strumenti disponibili».
ASCOLTA L’INTERVISTA A MICHELE BULGARELLI: