Gli eredi dell’Msi in Parlamento vogliono riscrivere la storia e la verità giudiziaria sulla strage del 2 agosto? È questo l’interrogativo che preoccupa la comunità bolognese di fronte alla notizia di una commissione d’inchiesta parlamentare sulla violenza politica in Italia tra gli anni ’70 e ’80.
«In questi anni abbiamo visto diversi tentativi, tra cui quello della commissione Mitrokhin, di escludere la strage di Bologna dalla strategia della tensione, per fare in modo che i fascisti non c’entrino e attribuire l’attentato a fantomatiche piste internazionali, come quella palestinese», osserva ai nostri microfoni Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei famigliari delle vittime.
2 agosto, i rischi della commissione d’inchiesta voluta da Fdi
Tutto nasce dalla proposta del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli e di altri esponenti di Fratelli d’Italia di istituire una commissione d’inchiesta parlamentare sulla violenza politica in Italia tra gli anni ’70 e ’80. «Al centro della commissione vi sarebbe, secondo le ricostruzioni della stampa nazionale, la verità sulla strage del 2 agosto 1980», ha osservato ieri allarmato il sindaco di Bologna Matteo Lepore.
Il primo cittadino ha anche osservato che «le verità giudiziarie in un Paese democratico si scrivono nei tribunali e attraverso le sentenze, che nel caso della strage di Bologna sono note da tempo». Lepore si dice profondamente preoccupato e chiede a tutti i parlamentari di prendere una posizione «chiara e netta» in merito, ricordando che i 42 anni che ci separano dalla strage sono stati pieni di morte, sofferenze, depistaggi e fragorosi silenzi, commissioni stragi lunghe decenni e sentenze chiare.
Per l’associazione dei famigliari delle vittime il rischio più grosso è che vi siano interferenze con i processi ancora in corso.
«Abbiamo il processo d’appello Cavallini, che comincerà ad aprile – osserva Bolognesi – L’appello sui mandanti, che probabilmente inizierà alla fine dell’anno, in più ci sono i processi relativi alle persone che sono state rinviate a giudizio per false testimonianze, false dichiarazioni e depistaggi, per cui abbiamo un quadro complessivo notevole».
Il pericolo della commissione d’inchiesta voluta da Fdi, per Bolognesi è proprio quello di «andare a toccare, rivalutare, rivedere i processi che sono già terminati con sentenze passate in giudicato relative agli esecutori della strage per creare problemi ai processi che ci saranno».
Bolognesi sottolinea che da parte degli avvocati difensori degli imputati di estrema destra c’è sempre stato il tentativo di andare a creare false piste. «Non vorremmo che venisse fuori una nuova commissione Mitrokhin per rimpolpare vecchie piste palestinesi o cose di questo tipo».
A sostenere piste internazionali, in particolare la presunta pista palestinese già esclusa dagli inquirenti, in passato furono proprio esponenti dell’estrema destra istituzionale, appartenenti al Movimento Sociale Italiano o alle formazioni politiche che ne hanno raccolto l’eredità, come Alleanza Nazionale.
La strage alla stazione di Bologna e le commissioni d’inchiesta parlamentare
Nel corso dei 42 anni che ci separano dal 2 agosto 1980 in Parlamento hanno lavorato diverse commissioni d’inchiesta, ma ciò che hanno prodotto attorno alla strage alla stazione di Bologna è stato un pugno di mosche o ricostruzioni che avevano un intento politico più che quello di arrivare a verità e giustizia.
«Ci fu la commissione Stragi – ricostruisce Bolognesi – che affrontando la strage di Bologna è stata molto cauta, anche se ha toccato altre stragi di matrice fascista. Ma non è sfociata in grandi cose».
Ben peggiore è stato il tentativo della commissione Mitrokhin, che per il presidente dell’associazione dei famigliari del 2 agosto 1980 «cercava di cambiare le carte in tavola per tutte le stragi italiane. Alla fine la relazione di maggioranza non è stata nemmeno votata dalla maggioranza stessa».
Il tentativo è stato quello di escludere la strage di Bologna dalla cosiddetta “strategia della tensione”. Un tentativo fallito perché, ricorda Bolognesi, con i processi «sono emerse le connessioni con uomini dell’Msi che hanno cercato di proteggere alcuni degli esecutori, i servizi segreti connessi con gli esecutori, i mandanti che non sono assolutamente i palestinesi o soggetti internazionali, ma sono italiani e vengono tutti dall’estrema destra».
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