In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ActionAid ha pubblicato un rapporto sul monitoraggio dei fondi destinati alla lotta contro la violenza sulle donne. Fin dal suo titolo le premesse non sono delle migliori: “Cronache di un’occasione mancata: il sistema antiviolenza italiano nell’era della ripartenza”. E infatti «a distanza di un anno dal nostro precedente rapporto in realtà non è cambiato moltissimo», conferma ai microfoni della nostra radio Isabella Orfano, coordinatrice e relatrice del rapporto.

Nessun euro dei fondi del Pnrr è stato destinato al contrasto della violenza contro le donne

Un’occasione mancata perché «in un periodo di ripresa economica, in cui ci sono miliardi di euro stanziati a riforme e far ripartire il paese, nessun euro è stato destinato alla prevenzione e al contrasto della violenza, o alla protezione delle donne che questa violenza la subiscono» continua Orfano: anche nella prima versione del Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, era stata prevista una sola azione rivolta alle donne che hanno subito violenza, per altro assente nella versione definitiva. Nello specifico, si trattava di un accesso al credito per la creazione di imprese per le vittime di violenza: una misura chiaramente limitata e, in definitiva, inutile alla prevenzione degli atti violenti.

I problemi ad emergere, nel quadro generale del sistema antiviolenza, sono innumerevoli: tempi lunghissimi per l’erogazione delle risorse, impedimenti burocratici e mancanza di interventi strutturali che incidano sulle cause della violenza sono solo i principali fra quelli analizzati nel rapporto. Ad oggi, solo il 2% dei fondi stanziati nel 2020 è arrivato ai centri antiviolenza e alle case rifugio: nonostante ad inizio pandemia si fosse registrata una maggiore tempestività, in risposta alla procedura accelerata voluta dalla Ministra Bonetti per far fronte alle spese straordinarie imposte alle strutture di accoglienza, una volta scemata la pressione mediatica e politica sull’argomento i ritmi sono rimasti gli stessi. «In particolare, solo le Regioni Liguria e Umbria risultano aver trasferito un acconto ai gestori delle strutture antiviolenza», dimostra il team di ricerca di ActionAid.

In questo senso, è evidente che la problematica burocratica derivi anche da una frammentarietà tanto normativa quanto programmatica: l’azione politica, delegata dallo Stato alle regioni, risulta essere disorganica, spesso inserita «nei decreti d’urgenza o in leggi di bilancio che possono garantire allocazioni di risorse limitate nel tempo». Un’assenza di trasversalità che si manifesta in politiche che, al contrario della violenza che tentano di combattere, non sono strutturali: non è un caso che la questione della violenza di genere sia confinata a due documenti strategici distinti e separati rispetto alla programmazione disegnata dal Pnrr, senza alcun tipo di azione integrata. Emergono come totalmente inefficaci le misere politiche avviate dal Ministero per le Pari opportunità e dal Parlamento, fra le quali l’unica vagamente degna di nota è il rifinanziamento del reddito di libertà, misura che «prevede l’erogazione di 400 euro mensili procapite erogabili per un massimo di 12 mesi a donne inserite in percorsi di fuoriuscita dalla violenza, debitamente certificati».

«Non vi è la consapevolezza della necessità di lavorare sul tema della prevenzione, forse anche perché le istituzioni stesse sono permeate da una certa cultura patriarcale e millenaria» sottolinea inoltre Orfano: solo il 14% dei fondi sono stanziati per azioni di prevenzione, contro il 75% per quelle di protezione. Realtà che si specchia chiaramente nel totale affidamento dello Stato ai centri antiviolenza e alle case di rifugio, realtà non-istituzionali che l’Italia eredita dal suo femminismo: informazione, educazione e rieducazione sono i grandi assenti nelle politiche e nei dibattiti politici in merito. «Le parole non bastano più, serve un cambio culturale subito», conclude il rapporto.

Francesco Manera

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