È stata un’attesa lunga quella di chi aspettava la pronuncia della Corte costituzionale su uno dei temi che più ha polarizzato e spaccato la società civile nel recente passato. La Consulta, infatti, è stata chiamata ad esprimersi sulla costituzionalità dell’obbligo vaccinale al personale sanitario, della scuola, delle forze dell’ordine e agli over 50. Ma soprattutto è stata chiamata a dire se le pene previste per le persone che sceglievano di non vaccinarsi, come la sospensione dal lavoro senza stipendio, fossero proporzionate.
Per la corte, presieduta da Silvana Sciarra, non vi sono profili di incostituzionalità né nell’obbligo vaccinale né nelle pene comminate agli indadempienti.

Vaccini, l’obbligo e le pene per la Corte costituzionale sono legittimi

La complessità della materia, in particolare per ciò che concerne l’equilibrio tra i diversi diritti costituzionali, è testimoniata dai tempi di questa pronuncia. La sentenza, infatti, era attesa per ieri e invece è arrivata oggi.
Sono numerosi i ricorsi e le questioni di costituzionalità sollevate nelle aule di tribunale che hanno richiesto l’intervento della Corte costituzionale. In larga parte hanno riguardato personale sanitario e della scuola che aveva deciso di rifiutare i vaccini e per questo è stato sospeso senza retribuzione.
Ma tra le cause figurava anche quello di una psicologa che esercitava da remoto, cui è stata comunque preclusa la possibilità di lavorare, e un avvocato che ha registrato effetti collaterali molto gravi in seguito alla vaccinazione.

Nel corso del dibattimento, che ha visto contrapporsi gli avvocati che difendevano le persone inadempienti con l’obbligo e l’avvocatura dello Stato e della presidenza del Consiglio dei ministri, è stato evocato uno dei temi più utilizzati da chi si oppone all’obbligo vaccinale e alle sue sanzioni: la disparità di trattamento tra i dipendenti pubblici sottoposti a provvedimenti disciplinari, che percepiscono comunque un assegno alimentare, e coloro che invece sono stati sospesi dopo aver rifiutato i vaccini, che non hanno potuto lavorare né percepire un compenso.

Secondo Federico Basilica, avvocato che rappresentava la presidenza del Consiglio, si tratta di due fattispecie diverse, poiché per la persona sottoposta a sospensione disciplinare non si è ancora acclarata la sua responsabilità, mentre il non aver aderito all’obbligo vaccinale è immediatamente riscontrabile. Secondo il legale, inoltre, il lavoratore non vaccinato poteva scegliere di vaccinarsi e interrompere istantaneamente le sanzioni a suoi carico.

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Di segno ovviamente opposto, invece, sono le posizioni dei legali che rappresentavano le persone non vaccinate, secondo i quali le pene previste per chi non ha adempiuto all’obbligo vaccinale erano sproporzionate, poiché lesive della dignità umana dal momento che impedivano alle persone di garantirsi la sussistenza per sè e per la propria famiglia. È la parola “ricatto” quella che è stata utilizzata e che ha fatto spazientire anche l’avvocatura dello Stato.
Per Vincenzo Sparti, uno degli avvocati che ha difeso le persone non vaccinate, «la legittimità di questa costrizione, nei modi in cui è avvenuta, rappresenta uno spartiacque tra una società fondata su dei valori morali e una fondata su dei valori spietati».

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Più in generale, le istanze dei legali delle persone non vaccinate si sono concentrate su tre punti: il bilanciamento dei diritti costituzionali in relazione alle pene connesse all’obbligo vaccinale, l’autodeterminazione del singolo cittadino e l’efficacia dei vaccini ai fini della contrazione del virus.

La pronuncia della Cort costituzionale ha invece dato ragione allo Stato, in particolare ritenendo «inammissibile, per ragioni processuali, la questione relativa alla impossibilità, per gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiano adempiuto all’obbligo vaccinale, di svolgere l’attività lavorativa, quando non implichi contatti interpersonali» e «non fondate, infine, sono state ritenute le questioni proposte con
riferimento alla previsione che esclude, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale e per il tempo della sospensione, la corresponsione di un assegno a carico del datore di lavoro per chi sia stato sospeso; e ciò, sia per il personale sanitario, sia per il personale scolastico».