George Enescu (1881-1955), il più importante musicista rumeno della prima metà del ‘900, compose la sua terza sinfonia in do magg., op.21, trasmessa nella puntata di giovedì 17 novembre, in un momento storico particolare. Iniziò il primo movimento nel maggio del 1916, soltanto pochi mesi prima che la Romania entrasse nel conflitto mondiale della grande guerra, il secondo movimento venne terminato nel maggio del ’18, ed il terzo fu completato alla fine dello stesso anno.
L’atmosfera emozionalmente carica del periodo, può senz’altro avere contribuito al carattere particolare di questa grandiosa composizione, con frequenti riferimenti ad un programma sotterraneo che è stato comparato sovente al celeberrimo poema dantesco, nel suo volere rappresentare il destino del genere umano, nella sua vitalità, sofferenza e speranza d’una esistenza migliore. Nello specifico, la progressione partirebbe dal purgatorio del primo movimento, in bilico fra stasi ed inquietudine, per passare all’inferno dello stralunato, bizzarro, acre, movimento successivo, giungendo così al sofferto paradiso del movimento finale, in cui, in seno ad un’orchestra piuttosto ampia, s’inserisce un coro misto senza parole.
Sebbene il linguaggio adottato sia sostanzialmente identico alle 2 precedenti sinfonie, la sua complessa stratificazione decisamente più in evidenza, la rende assai meno orecchiabile rispetto a queste ultime. La forma è un esempio d’una delle tecniche più frequentemente usate dal compositore, ovvero quella dello sviluppo del materiale melodico d’apertura, nella più ampia possibile varietà di modi. Il lavoro è concepito su vasta scala, l’orchestra è considerevolmente ampliata attraverso l’inserimento di pianoforte, organo, ed una sezione d’ottoni particolarmente numerosa. Il coro misto senza parole dell’ultimo tempo, va inteso come un’ulteriore aggiunta strumentale. Questo movimento termina in un’atmosfera di calma estatica, poichè Enescu raggiunge, in questo caso, un effetto quasi liturgico, attraverso un rintocco di campana in un punto preciso della partitura, “con lo stesso suono identico a quello in uso nelle chiese cattoliche, quando il prete, durante la funzione, eleva l’ostia consacrata sull’altare” ( stando alle parole del musicista medesimo).
Curiosamente, alla sinfonia, alla prima assoluta a Bucharest del ’19, diretta dall’autore, arrise quel grande successo negato alle altre 2, nonostante sia la più ostica. Dopo alcune revisioni, venne eseguita nuovamente nel ’21, questa volta a Parigi. Ma, nonostante il gradimento del pubblico, Enescu rimaneva sempre insoddisfatto dell’effetto sonoro complessivo, la qual cosa lo portò a rivedere questo lavoro molte altre volte. Singolare comunque l’evoluzione stilistica del compositore che, partendo da un tardoromanticismo scintillante ed accattivante ma un poco di maniera nel versante folcloristico, come testimoniato dai suoi lavori orchestrali più celebri, ovvero le 2 rapsodie rumene, arriverà nella sua ambiziosissima ed unica opera per il teatro lirico, ovvero l’ “Oedipe” del ’31, con testo originale in francese, persino all’utilizzo dei quarti di tono, approdando così ad un linguaggio sensibilmente più moderno ed al passo dei tempi, pur al prezzo d’una minore immediatezza, logica conseguenza di questo tipo di procedimento.
La sinfonia verrà proposta nell’incisione effettuata nella Sala da Concerto dell’Ateneo Rumeno di Bucharest, dal 25 al 28 settembre ’95, dal Coro e dall’Orchestra Filarmonica “George Enescu”, diretti da Cristian Mandeal, edita in disco nel ’96 dalla Arte Nova Classics (etichetta attualmente scomparsa dalla circolazione).
“Un tocco di classico” va in onda ogni giovedì alle ore 24, su Radio Città Fujiko, in streaming ed in fm 103.1 mhz.
—- Gabriele Evangelista —-