È passato un anno dall’inizio della pandemia e la sua gestione sarebbe stata più difficile se a Bologna non si fosse messa in moto la macchina della solidarietà. Lo sottolinea la Fondazione Policlinico Sant’Orsola, che ha reso note le diverse iniziative che quest’anno hanno sostenuto, e continuano a sostenere, il personale sanitario impegnato in prima linea nella battaglia contro il Coronavirus.
A quasi un anno dall’attivazione del fondo di sostegno, l’ente no profit di Bologna ha raccolto un’ingente somma grazie al contributo dei cittadini. Risorse che sono state devolute all’acquisto di nuovi dispositivi e hanno finanziato progetti continuativi a sostegno di medici, infermieri ed operatori socio-sanitari. Non solo: la cooperazione con gli albergatori ha fatto sì che molti di questi professionisti abbiano potuto trasferirsi in città ed unirsi alla lotta contro il virus.

Solidarietà, l’arma per contrastare la pandemia

A presentare i risultati ottenuti grazie a queste risorse è stato il presidente della fondazione Giacomo Faldella, al fianco della direttrice del Sant’Orsola Chiara Gibertoni, del direttore Ausl Bologna Paolo Bordon, del direttore di Ascom Bologna Giancarlo Tonelli, e il presidente Federalberghi Celso De Scrilli. Alla conferenza stampa hanno partecipato anche l’assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini, e dall’assessore comunale alla Cultura, Matteo Lepore, con alcune testimonianze tra medici ed infermieri che hanno usufruito di questi contributi.

Era il 9 marzo del 2020 quando la Fondazione Policlinico Sant’Orsola di Bologna ha attivato una raccolta fondi a cui circa 10 mila cittadini bolognesi hanno contribuito. Quei milioni raccolti sono stati devoluti al personale sanitario che continua a lottare contro il virus anche grazie all’attrezzatura e al materiale così acquistato.
L’emergenza, tuttavia, non ha investito soltanto le corsie, ma ha creato problemi anche fuori dalla struttura ospedaliera. Basti pensare a tutti quei professionisti, spesso giovani neolaureati non residenti a Bologna, che hanno fatto richiesta per venire a dare un contributo al Sant’Orsola.
A questo problema, e grazie al progetto solidale, il Policlinico ha saputo rispondere con una vera e propria circolarità, restituendo a queste persone un posto in cui alloggiare per tempo.

Come testimoniano due medici presenti alla conferenza, è difficile trovare gente disposta ad affittare casa al personale che lavora in un reparto Covid. «Professionisti – commenta Donini – che andavano supportati perché indispensabili per il contrasto alla pandemia».
«Noi abbiamo assunto a livello regionale tantissimi professionisti – prosegue l’assessore – Oltre 7mila tra medici, infermieri, Oss e tecnici», e di fronte al problema di dove farli alloggiare è nato «questo progetto pionieristico» che ha saputo dare un alloggio non solo a chi proveniva da altre regioni, ma allo stesso personale residente a Bologna che temeva di mettere in pericolo la propria famiglia e per questo preferiva alloggiare altrove.

Sono più di 600 le persone che hanno usufruito di questa possibilità, contando su 24mila pernottamenti.
Questo progetto, supportato da cittadini «consapevoli della validità e dell’efficacia, sul piano della tenuta, del nostro sistema sanitario e del grande senso di sostegno nei confronti dei professionisti», non sarebbe stato possibile senza il protocollo raggiunto con Federalberghi e con il Comune di Bologna. Quest’ultimo, infatti, ha dato un contributo economico eliminando la tassa di soggiorno. «Non è soltanto amministrare bene – commenta Donini – ma amministrare col cuore e con grande vicinanza alla propria città e ai propri cittadini».

Ma la cooperazione non deve fermarsi qui. Come sottolinea l’assessore regionale, riprendendo le parole del direttore Ausl Bologna Paolo Bordon, «non siamo a novembre scorso, siamo tornati a marzo scorso». Il riferimento è alla crescita dei contagi e alla modificazione genetica del virus che allarma la Regione.
Proprio tre giorni fa, infatti, l’Emilia-Romagna è passata in zona arancione scuro, e Donini coglie l’occasione per esprimere vicinanza alla bambina di 11 anni ricoverata in terapia intensiva per aver contratto il virus. «La sua battaglia è la nostra battaglia – commenta l’assessore – Dobbiamo mantenere questo spirito perché non c’è solo la rabbia sociale, c’è anche l’amore, la condivisione e la solidarietà di una comunità che si sente colpita e vuole reagire».
Come osserva il direttore del Sant’Orsola Chiara Gibertoni, nei reparti e al pronto soccorso c’è stanchezza nell’affrontare, tra le sfide quotidiane a cui il Policlinico risponde per le sue eccellenze specialistiche, la battaglia al covid-19.

Emily Pomponi

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