Pochi giorni fa, il subcomandante Marcos, il celebre portavoce dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, ha deciso di apparire in pubblico e fugare i dubbi circa la sua morte. Per farlo, ha annunciato la sua definitiva scomparsa, quasi che non ci fosse più bisogno della sua immagine.

Quel passamontagna e quella pipa resteranno per sempre nell’immaginario collettivo. Hanno rappresentato negli ultimi 20 anni la lotta dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Hanno rappresentato il mistero che avvolgeva il leader, anche se lui si è sempre definito portavoce, di quell’esercito: il subcomandante Marcos. Forse è per questo, forse è proprio perchè da questa parte di quella specie di equatore del reddito procapite che ci divide, abbiamo avuto bisogno di individuare in lui un leader per ascoltare la voce degli ultimi del Messico, che Marcos ha deciso autonomamente di morire, anzi, di sparire.

Marcos ha preso in giro tutti quelli che quando si indica la luna, guardano il dito. Ha sempre tentato di non passare come leader, sin dal primo giorno” racconta, ospite ai nostri microfoni, lo scrittore Pino Cacucci, a pochi giorni dall’uscita della sua ultima opera, Mahahual. “E’ chiaro, però -continua Cacucci- che avesse del carisma e delle grandi capacità comunicative.” Cacucci ricorda come anche Octavio Paz, aspro critico dell’insurrezione zapatista del ’94, dovette riconoscere in Marcos “un grande scrittore e poeta”.

Ma torniamo a l’annuncio di qualche giorno fa. “Marcos ha detto: “Io sono morto, questo simulacro, questo passamontagna, che ho indossato per farmi notare, altrimenti voi non ci avreste guardati, ora lo abbandono.” Non è facilmente interpretabile -spiega Cacucci- cosa significhi questo gesto perchè era dal 2009 che Marcos non compariva in pubblico. In tutti questi anni si sono avvicendate voci di ogni sorta che lo volevano ora malato, ora gravemente malato. Ultimamente c’era chi sosteneva che fosse già morto. Poi è ricomparso per dire: “Sì, sono morto, ma lo decido io“.

Un gesto fortemente simbolico anche per l’ideale passaggio di testimone che Marcos ha voluto fare, con la comparsa di quel nuovo subcomandante Galeano, che prenderà il suo posto. “Josè Luis Solis Lopez, detto appunto Galeano, è stato ucciso il 2 maggio da una banda paramilitare, di quelle che provocano gli zapatisti tentando di portarli a riprendere le armi, anche se finora non sono mai caduti nella trappola. Uccidendo Galeano -sostiene Pino Cacucci- hanno effettuato una provocazione gravissima, perchè lui era l’anima delle escuelitas, era un maestro di scuola, con gli zapatisti fin dal primo giorno, compagno di Marcos da sempre.Era protagonista e partecipe di quello che non è più un esperimento, ma una realtà: l’alfabetizzazione dei bambini indigeni. Oggi a 20 anni dall’insurrezione possiamo dire che c’è già una generazione di ventenni cresciuti nell’educazione e nell’istruzione autonoma zapatista, che sono lì a dimostrare come in una scuola libera si possa apprendere un modo diverso di concepire il mondo. Tutto questo è stato e continua a essere molto più importante di qualsiasi guerriglia, di qualsiasi tentativo di combattere il potere: loro hanno allevato persone coscienti.”

“Uccidendo Galeano, credevano di dare un duro colpo all’istruzione nelle comunità autonome, ma Marcos dice che Galeano non è morto ed è lì. Da oggi -conclude lo scrittore- ci sarà un subcomandante Galeano a parlare al posto di Marcos. Lui si è ritirato. Nessuno sa se lo rivedremo, magari presentandosi come Galeano, o se davvero vuole sparire dalla scena, affinchè noi smettiamo di continuare a vedere soltanto l’esteriorità di tutto questo.”