Erano una ventina, secondo il Cua, i giovani che avevano trovato un tetto nell’occupazione abitativa di via Oberdan, nel pieno centro cittadino. Lo scorso ottobre attiviste e attivisti erano entrati nello stabile in comproprietà con l’Università di Bologna, vuoto da anni, per denunciare il problema abitativo in città, ma questa mattina sono arrivate le forze dell’ordine per eseguire lo sgombero.

Lo sgombero dell’occupazione di via Oberdan

In strada, in via Oberdan, si è creato un presidio di solidali, tenuti a distanza dallo stabile da un cordone di agenti, mentre tre attivisti si sono asserragliati sul tetto per resistere allo sgombero. Nel corso della mattinata si sono registrati anche momenti di tensione, con cariche della polizia contro i manifestanti.
«L’Università si era detta disponibile a un dialogo e che non avrebbe chiesto uno sgombero – osserva ai nostri microfoni Federico del Cua – Invece questa è la risposta. Ne chiederemo conto».

Durante le settimane di occupazione, il Cua aveva aperto uno sportello per il diritto all’abitare allo scopo di fotografare in modo dettagliato il problema abitativo in città. L’esplosione del prezzo degli affitti e il ritorno degli immobili sottratti alla locazione ordinaria in favore di quella breve e turistica hanno aggravato l’accesso alla casa a Bologna.
«Sono centinaia le persone che hanno risposto», sottolinea l’attivista, a testimonianza delle dimensioni del problema.

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Una nuova occupazione universitaria in via Filippo Re

Mentre cominciavano le operazioni di sgombero in via Oberdan, in via Filippo Re, sempre a Bologna, nasceva “Base Rossa Studentesca“.
«Questa mattina, nella giornata nazionale dello studente, mentre l’università porta avanti la repressione, un nuovo spazio viene aperto: Base Rossa Studentesca. Ad ogni occupazione ne seguirà un’altra», scrivono gli occupanti, che contestano l’attuale modello di Università e rivendicano il bisogno di uno «spazio aperto nell’Università di Bologna, a disposizione della comunità studentesca, per organizzarsi, trovare spazi di socialità, costruire legami che lottino contro la frammentazione sociale e politica che ci impongono».

Lo stabile di cui è stata occupata un ex laboratorio in disuso da 10 anni è sempre di proprietà dell’Università di Bologna.
«Le nostre università – scrivono ancora gli occupanti – canalizzano milioni di investimenti pubblici per rafforzare i corsi di eccellenza utili al profitto delle imprese, per stipulare partnership con il settore privato, gonfiando la retorica dell’autoimprenditorialità e la competizione fra studenti». E a tal proposito ai nostri microfoni Antonio, uno degli occupanti, ricorda il ragazzo che si è tolto la vita perché sentiva incombere il peso del fuori corso.
L’occupazione fa parte del percorso verso lo sciopero generale dei sindacati di base del 2 dicembre.

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