Le dimissioni della delegata alla Cultura del Comune di Bologna, Elena Di Gioia, sono state un fulmine a ciel sereno e, anche se le ragioni addotte pubblicamente riguardano la sua carriera professionale, tra chi lavora nel settore culturale di Bologna c’è chi pensa che in un qualche modo c’entrino le difficoltà che i sindacati denunciano da tempo.
Il nodo più grande riguarda la carenza di personale, con promesse di assunzioni disattese e musei e biblioteche che devono gestire spazi grandi e prestigiosi con sempre meno risorse a disposizione. Ma c’è anche la questione degli spazi, tra quelli privati “salvati” dal Comune dal fallimento, quelli acquisiti e non ancora ristrutturati e quelli che serviranno per allestire i tanti progetti annunciati, ma non ancora concretizzatisi, dal sindaco Matteo Lepore.

In generale, i sindacati hanno la sensazione che il settore Cultura del Comune di Bologna sia senza una bussola. O peggio: «che si stia ballando come sul Titanic, ma che l’Amministrazione tifi per l’iceberg», afferma ai nostri microfoni Enrico Tabellini dei Cobas.
Per questo tutte le rsu del settore culturale del Comune di Bologna hanno proclamato un’assemblea sindacale per venerdì prossimo, 12 luglio, alle 11.00 nella sala auditorium del MamBo.

Cultura, il nodo assunzioni: «Solo 7 lavoratori per museo»

Per ciò che riguarda il personale, tutto nasce dalla promessa ormai di alcuni anni fa di 150 nuove assunzioni. La promessa si è poi ridotta a 100 e, nel tempo, è calata ancora. Ma le assunzioni effettivamente fatte sono meno di un terzo della cifra iniziale perché si attestano sulla quarantina.
«Oltretutto, oltre a non sostituire le persone che sono andate in pensione – sottolinea Tabellini – non vengono coperto nemmeno i posti vacanti di persone che si sono dimesse volontariamente».

Dal conteggio effettuato dai Cobas, le 14 sedi museali comunali cittadine si troveranno l’anno prossimo ad essere gestite in tutto da un centinaio di lavoratori, cioè una media di 7 lavoratori a museo.
«Oltretutto molti di questi non sono specializzati – evidenzia il sindacalista – mentre secondo un documento che riguarda il settore culturale, i ruoli specializzati in ogni museo dovrebbero essere almeno 22».

Le motivazioni addotte dal Comune nei vari incontri sindacali svolti nel tempo sono di varia natura. Ultimo in ordine di tempo il taglio ai trasferimenti agli enti locali da parte del governo nazionale. «Un taglio che avverrà in autunno, mentre il taglio è preventivo – osserva Tabellini – In più ci viene detto che le assunzioni prioritarie saranno in altri settori, ma siccome sediamo anche agli altri tavoli, di queste assunzioni non c’è traccia».

Progetti roboanti, ma un settore «senza bussola»

I dossier aperti a Bologna nel settore culturale, però, paiono essere tanti. A volte anche per sopperire alle chiusure dei privati, come nel caso di Genus Bononiae e Palazzo Pepoli. Il Comune è subentrato e, sottolineano i sindacati, in quel caso le ingenti risorse economiche le ha trovate, ma sul destino dello spazio pendono ancora molte incognite.
Il Museo della Città che vi era allestito e che avrebbe dovuto smobilitare entro maggio, in realtà è ancora all’interno. Il trasferimento della collezione di Giorgio Morandi ha incontrato non pochi problemi, tra cui una causa degli eredi ed esecutori testamentari.

Altro nodo è la palazzina Magnani, acquisto milionario che il Comune ha sostenuto e per il quale non si è ancora capita la destinazione.
«A dire il vero manca ancora il fantomatico Piano Strategico dei Musei, che Lepore annunciò nel settembre 2023 quando era in visita ufficiale a Parigi – sottolinea Tabellini – la cui uscita è stata rinviata più volte. Pare che la sua presentazione sia a settembre prossimo».
Chissà se il piano farà chiarezza sui reali progetti dell’Amministrazione, visto che nei due anni di mandato di Lepore ne sono stati annunciati diversi: dal museo delle bambine e dei bambini a quello delle case popolari, dal museo dell’immaginazione a quello di Marconi a Villa Aldini. «Con che personale verranno gestiti?», si domandano i sindacati.

Infine ci sono preoccupazioni anche sui segnali connessi al turismo, in particolare per i problemi di tenuta economica di Bologna Welcome. Circa un mese fa è stata annunciata la chiusura dell’infopoint all’aeroporto Marconi e «a novembre scorso venne lanciato l’allarme che riguardava la chiusura della Torre Asinelli, che avrebbe portato un ammanco superiore a un milione di euro».
Insomma, lavoratrici e lavoratori del settore culturale pubblico bolognese pretendono risposte alle domande circa il loro futuro ed è per questo che venerdì si riuniranno in assemblea.

ASCOLTA L’INTERVISTA A ENRICO TABELLINI: