Dopo il caso sollevato dalla Sim sul ragazzino bengalese rifiutato da scuola, il consigliere regionale Sconciaforni (FedSin) ha interrogato l’assessore regionale all’Istruzione Patrizio Bianchi affinché casi del genere non capitino più. “Occorre attivare misure adeguate di vigilanza e monitoraggio”.
Bambino Bengalese rifiutato: la scuola si deve interrogare
Il ragazzino bengalese, che per otto mesi non è andato a scuola perché la domanda di iscrizione veniva rifiutata, ora ha finalmente trovato posto, ma la vicenda non si conclude qui.
Il caso sollevato dalla Sim, infatti, riguarda e potrebbe riguardare tanti altri ragazzi giunti in Italia con ricongiungimento famigliare. Per questo motivo Roberto Sconciaforni, capugruppo della Federazione della Sinistra in Consiglio regionale, quest’oggi ha presentato un’interrogazione all’assessore all’Istruzione Patrizio Bianchi.
Pur precisando che la Regione non ha competenza in materia, che spetta invece allo Stato, Bianchi ha riferito di aver sollecitato l’Ufficio Scolastico Regionale ad intervenire sul tema, affinché casi simili non debbano ripetersi e a nessuno venga negato il diritto (sancito costituzionalmente) all’istruzione. In particolare Bianchi ha invitato ad attivare misure adeguate di vigilanza e monitoraggio dei ricongiungimenti famigliari e dei conseguenti inserimenti scolastici.
Ciò significa che fino ad oggi il monitoraggio non c’è stato o non era efficace? “Evidentemente sì – afferma Sconciaforni – come confermano i problemi incontrati dal ragazzino e come testimonia il caso delle scuole Besta, dove è stata creata una classe di soli stranieri, rifiutati da altri istituti”.
Eppure la possibilità di prevenire il problema c’è eccome. Le pratiche per il ricongiungimento famigliare durano dai 6 mesi ad oltre un anno, come ci spiegò l’avvocato Nazzarena Zorzella dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione.