A pochi giorni dal referendum del 17 aprile si accende lo scontro tra politica e magistratura. Renzi rispolvera il copione berlusconiano ed evoca la legge sulle intercettazioni. Il presidente della Consulta invita i cittadini a votare per esercitare un diritto, mentre il premier aveva invitato all’astensione.

A molti sembrerà di vivere un dejà vu, ma ciò che si sta giocando tra politica, magistratura e trivelle è purtroppo attuale.
A pochi giorni dal referendum del 17 aprile sulle trivellazioni, l’atmosfera si scalda e il presidente del Consiglio Matteo Renzi – indebolito dall’inchiesta della Procura di Potenza, che è costata la testa della sua ministra Federica Guidi – mostra segni di nervosismo e finisce ad interpretare il copione berlusconiano tristemente noto.

A pochi giorni dall’avvio dell’inchiesta sul traffico illecito di rifiuti, quando già Guidi si era dimessa per via delle intercettazioni col fidanzato, al quale comunicava informazioni utili agli affari petroliferi, il premier aveva irriso la Procura di Potenza, sostenendo che le sue indagini non portano mai a nulla e che cadono con la ciclicità delle olimpiadi. Affermazioni non distanti da quelle celebri dell’ex Cavaliere, che paventava l’esistenza di una Giustizia a orologeria di cui ovviamente lui si sentiva vittima.

Per rinforzare il parallelismo, Renzi due giorni fa ha sventolato un altro cavallo di battaglia berlusconiano: la legge contro le intercettazioni. Il punto, dunque, è sempre quello: non rappresentano un problema lo scandalo e gli affari che investono o lambiscono – come nel caso di Boschi e Delrio – esponenti politici e ministri del governo. Il problema, per Renzusconi, è che le intercettazioni vengano diffuse.

Le trivellazioni, dunque, rappresentano un problema per il governo e non per l’oggetto del referendum, che comunque potrebbe rappresentare una spada di Damocle.
Ad essersi cacciato nei guai da solo, del resto, è lo stesso premier che ha tentato di boicottare la consultazione invitando a disertare le urne. Ciò, inevitabilmente, assume una valenza politica generale ed è su questo terreno, quello dei diritti e della partecipazione, che sembra attizzarsi nuovamente il fuoco dello scontro tra politica e magistratura.

Al referendum sulle trivelle si deve votare: ogni cittadino è libero di farlo nel modo in cui ritiene giusto. Ma credo si debba partecipare al voto: significa essere pienamente cittadini. Fa parte della carta d’identità del buon cittadino”, ha affermato il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, interpellato nella conferenza stampa dopo la relazione annuale.
Il raggiungimento del quorum il 17 aprile, dunque, potrebbe essere di per sé un ulteriore bastonata inferta a Renzusconi.