Nonostante la chiusura degli Ospedali Psichiatrico-Giudiziari sia fissata per il 31 marzo 2015, in pochi credono che la scadenza sarà rispettata. Giunti all’ennesima probabile proroga, la Rete Antipsichiatrica, promuove sabato a Reggio Emilia la campagna “Chiudere tutti i Manicomi Criminali”.
Quello degli Ospedali Psichiatrico-Giudiziari è un buco nero nell’ordinamento del nostro paese. Queste istituzioni, la cui esistenza è stata prorogata già più volte a causa dell’impreparazione colpevole delle autorità, dovrebbero chiudere definitivamente entro il 31 marzo prossimo. Difficile, però, immaginare che andrà davvero così. Molto più probabile un’ulteriore proroga, che prolunghi ulteriormente la condizione attuale.
Nelle previsioni, quando gli OPG chiuderanno (se chiuderanno) dovrebbero essere sostituiti dai REMS (Residenze per l’essecuzione delle misure di sicurezza), all’interno dei quali dovrebbe, almeno ufficialmente, avere fine la pratica del cosiddetto ergastolo bianco, una sorta di fine pena mai determinata dalla presunta pericolosità del soggetto.Nei fatti, pur prevedendo la nuova normativa che l’internamento nei Rems non possa durare più a lungo della pena prevista per il reato di cui si è macchiato il soggetto.
Contro il mantenimento in funzione degli Opg e contro la prospettiva che nei Rems si replichino, su scala ridotta, le pratiche della psichiatria istituzionale, che vede nel manicomio non una struttura ma un criterio (prendendo a prestito le parole di Giorgio Antonucci), la Rete Antipsichiatrica promuove una campagna per la chiusura degli ospedali psichiatrico-giudiziari, che vedrà nell’incontro pubblico di sabato 24 alle 17.00 a Reggio Emilia allo Spazio Ghirba, soltanto il primo momento di una mobilitazione che porti al presidio organizzato alla vigilia della data di chiusura degli Opg a Reggio Emilia.
Quello che la Rete Antipsichiatrica vuole è un cambio totale nel procedimento giudiziario in cui sono coinvolti i soggetti internati negli Opg. Per Diego, del collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa, “bisogna eliminare la non-punibilità del reo e, al tempo stesso, cancellare lo stigma della pericolosità sociale.” Due elementi, questi ultimi, che determinano la condizione di reclusione potenzialmente sine die. “Solo così si può pensare a un politica di reinserimento.”