Il grande tema rimosso dal vertice di Palermo sulla Libia è la tortura nei lager libici. Eppure nel merito ci sono sentenze di tribunali italiani e ora anche un libro, curato da Maurizio Veglio di Associazione Studi Giuridici Immigrazione. Nel frattempo la campagna Mediterranea continua. Oggi un evento di Arci Bologna per sostenerla, a cui partecipa Maso Notarianni. Domani un’iniziativa a Scienze Politiche.

Una foto sicuramente di impatto, in cui il generale Khalifa Belqasim Haftar e Fayez al-Sarraj, i due contendenti nella guerra civile libica, si stringono la mano, con una stretta suggellata dal premier Giuseppe Conte. È questa l’immagine con cui il governo italiano ha tentato di “suggerire” una narrazione sul risultato del vertice di Palermo sul futuro del processo politico in Libia, conclusosi martedì.
La stessa narrazione, però, è stata incrinata dall’abbandono della Turchia, che ha provato “profondo disappunto” per non essere stata coinvolta nella riunione informale del mattino con al Serraj e Haftar. Ma soprattutto dall’assenza di una dichiarazione finale firmata dai partecipanti.

Quel che resta del summit è la road map indicata dall’Onu, che prevede una nuova conferenza in Libia agli inizi del 2019 per poter arrivare a elezioni in primavera. Ma le milizie e le fazioni che si fanno la guerra non hanno preso alcun impegno formale, tant’è che il generale Haftar ha lasciato l’incontro prima della fine.
Nella conferenza stampa conclusiva, il premier italiano Conte ha affermato: “In Libia non rivendichiamo nessuna leadership sul piano economico, politico o altro, non abbiamo secondi fini e non crediamo in soluzioni dall’alto. Lavoriamo per la stabilizzazione del Paese e abbiamo reso un servizio anche all’Europa”.
Dichiarazioni che cozzano sia con le motovedette che l’attuale e il precedente governo hanno regalato alla guardia costiera libica per agevolare i respingimenti per procura di migranti, sia con i risultati sbandierati dal ministro Matteo Salvini in termini di riduzione degli sbarchi: conseguenza di accordi con la Libia.

Il grande tema rimosso dal vertice, così come dalla discussione europea, però, rimane quello che accade nei centri di detenzione libici. Veri e propri lager dove i migranti che tentano di salpare verso l’Europa vengono rinchiusi, torturati e ricattati.
Dopo essere stata oggetto di diverse inchieste giornalistiche, la tortura nei lager libici è diventata anche una verità processuale, grazie alla sentenza della Corte d’Assise del Tribunale di Milano, che ha certificato le violenze subite da alcuni migranti in un hangar a Bani Walid, una località a 150 kilometri a sud-est di Tripoli.
Da questa sentenza prende le mosse il libro “L’attualità del male. La Libia dei lager è verità processuale“, in uscita la settimana prossima. Grazie a diversi contributi di giuristi ed esperti, coordinati dal lavoro di Maurizio Veglio, avvocato dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, il libro fa il punto su questo sistema di violenze degno di quanto accadeva ormai un secolo fa durante il regime nazista.

“Il libro nasce dall’indignazione e dall’incredulità che abbiamo vissuto quando abbiamo letto questo romanzo dell’orrore di 130 pagine che è la sentenza della Corte d’Appello di Milano – racconta Veglio ai nostri microfoni – L’incredulità, però, è nata anche dal sostanziale disinteresse e silenzio che ha accompagnato le indagini e soprattutto la sentenza“.
Una vicenda giudiziaria seguita da inquirenti esperti che si sono misurati con un livello di atrocità e violenze, registrati nei lager libici, tale da indurre anche magistrati di lungo corso, come Ilda Boccassini, ad affermare che non aveva mai visto nulla del genere in quarant’anni di carriera.

“Le autorità italiane non potevano non sapere cosa accadeva nei centri di detenzione libici quando, nel febbraio 2017, hanno stretto un accordo con la Libia sostanzialmente per il controllo dei flussi migratori – sottolinea il curatore del libro – Questi accordi con questo o quel gruppo di miliziani che oggi opera nelle acque e sul territorio libico resteranno come una macchia indelebile sul curriculum delle autorità italiane”.
I lager libici, del resto, non sono che un semplice tassello di un sistema architettato su richiesta dell’Italia e dell’Europa per esternalizzare le frontiere e frenare i flussi migratori. Un sistema che include anche la formazione del personale della guardia costiera libica, controllata da coloro che prima erano i trafficanti di esseri umani, la dotazione di motovedette e di risorse economiche che il nostro Paese ha fornito ai gruppi armati.

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Lo scorso giugno la Libia ha dichiarato la propria zona Sar (Search and Rescue). Si tratta di un tratto di mare in cui le autorità libiche rivendicano la competenza delle operazioni di ricerca e soccorso dei barconi in difficoltà. La dichiarazione è avvenuta con il contributo fattivo dell’Italia e della Commissione europea, che hanno avvalorato una finzione funzionale alla deresponsabilizzazione europea di quel tratto di mare e, soprattutto, ai respingimenti (vietati per legge internazionale) “per procura”, cioè su sostanziale mandato dell’Europa.
Alcune di queste operazioni sono state documentate e denunciate dalle navi della campagna Mediterranea – Saving Human, la cordatata di realtà della società civile che da ottobre opera nel nostro mare.

La campagna sta raccogliendo ancora molto consenso. Il crowdfunding lanciato con l’ambizioso obiettivo di raccogliere 700mila euro è giunto circa a metà della somma richiesta. Ogni giorno, su tutto il territorio italiano, si svolgono due o tre iniziative a sostegno del progetto.
Due di questi si svolgeranno a Bologna tra oggi e domani. Questa sera, ad esempio, la collaborazione fra Arci (che fa parte della cordata di Mediterranea) e Cinema Galliera porta a due proiezioni (alle 19.00 e alle 21.00) del documentario di Michele Cinque “Iuventa”, incentrato sulla nave della ong Jugend Rettet, e all’incontro con Maso Notarianni dell’equipaggio di Mediterranea.

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Domani, invece, si terrà “Scienze politiche per Mediterranea“, un’iniziativa promossa dagli studenti dell’Università di Bologna incentrata sul tema delle migrazioni, in particolare con la presentazione del progetto Mediterranea Saving Humans. L’incontro si terrà a Palazzo Hercolani, in Strada Maggiore 45.