Dopo l’assalto alle principali istituzioni del Paese, tra cui il Parlamento, avvenuto ieri a Brasilia per mano dei sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro, la tensione in Brasile non si è sopita, ma si è solo spostata. Dalla capitale istituzionale, infatti, i blocchi stradali e i presìdi davanti alle caserme si sono spostati nei due centri economici e sociali del Paese, San Paolo e Rio de Janeiro.
Sono finora 1200 i manifestanti arrestati dalla polizia in seguito ai disordini di ieri, in una situazione che è sembrata fuori controllo per lunghe ore nonostante le azioni fossero state annunciate sui social.

Le sommosse dei bolsonaristi in Brasile non sono ancora finite

Ai nostri microfoni è il giornalista Luigi Spera, dal Brasile, a testimoniare che la tensione è ancora alta e che le istituzioni appaiano in difficoltà. «Se l’obiettivo era destabilizzare, i risultati sono stati raggiunti», osserva il giornalista, che riporta come da dopo le elezioni vi siano accampamenti di bolsonaristi di fronte ai centri dell’esercito per chiedere alle forze armate di ribaltare i risultati.
Lo scorso 25 dicembre, inoltre, un attentato di un uomo che aveva imbottito un esplosivo un camion di carburante da far detonare in prossimità di un aeroporto è stato per fortuna sventato.

Tensioni, segnali inquietanti ignorati e un tentativo di riprendere le redini che finora è costato la sospensione al governatore del Distretto federale di Brasilia, Ibaneis Rocha, per un periodo di 90 giorni decisi dalla Corte Suprema.
Ciò che inquieta ancor di più, però, è che il suo segretario si trovi in Florida, negli Stati Uniti, nello stesso Stato dove si trova ora l’ex presidente, Jair Bolsonaro, fuggito per sottrarsi alle inchieste giudiziarie su suo conto. E proprio da lì, nonostante neghi ogni coinvolgimento, Bolsonaro starebbe gestendo la regia di quanto sta avvenendo in Brasile.

La tensione fomentata e finanziata dall’estero da Bolsonaro?

Per il presidente Luiz Inacio Lula da Silva le responsabilità del suo predecessore sono evidenti e le azioni di sovversione sono stare rese possibili anche da finanziamenti arrivati dall’estero.
«La Corte Suprema e il Tribunale Supremo elettorale stanno indagando su questa cosa da mesi – spiega il giornalista – perché non è possibile che ci siano blocchi stradali spontanei organizzati dopo le elezioni in cui arrivano camion con derrate alimentari e bagni chimici in poco tempo, così come non è possibile che ci siano persone accampate da settimane senza il sostegno economico di qualcuno».

Al pari dell’ex presidente, molti dei leader bolsonaristi sono scappati all’estero, riporta Spera, per cui è possibile che siano loro a finanziare le sommosse dall’estero. Così come «non ci vuole una grande intuizione per capire da dove vengano gli ordini – sottolinea il giornalista – In ogni caso le strutture istituzionali sonomesse duramente alla prova. Sia il settore giudiziario che le forze dell’ordine hanno delle difficoltà nel gestire la repressione».

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