La trasmissione “Chi l’ha visto?” ha intervistato il principale testimone del processo dell’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Ahmed Ali Rage ha raccontato di essere stato pagato dalle autorità italiane per testimoniare il falso perchè avevano fretta di chiudere il caso. Torrealta, storico collega della Alpi, ribadisce che le responsabilità sono delle istituzioni italiane, coinvolte nel caso di cui si stava occupando la giornalista.
A distanza di 21 anni, ancora tanti silenzi e incongruenze non permettono di fare luce sull’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Rai Miran Hrovatin, avvenuto a Mogadiscio nel marzo del ’94. La trasmissione “Chi l’ha visto?” è riuscita a raggiungere Ahmed Ali Rage “Gelle”, il “supertestimone”, che si rese irreperibile al momento della deposizione durante il processo.
Dalle ultime dichiarazioni emerge che Gelle non solo non era presente al momento dei fatti, ma sarebbe stato pagato dalle autorità italiane per testimoniare contro Omar Hashi Hassan, che attualmente sta scontando l’ergastolo. “Ciò che si spera è che, alla luce di quanto è stato detto – auspica Maurizio Torrealta, collega del Tg3 di Ilaria – ci sia un nuovo impulso su questo caso in Procura. A distanza di così tanti anni è difficile stabilire di chi siano le colpe. Quello che si può intuire è che c’era una grossa operazione internazionale. Il nostro Paese, invece di tentare d’interrompere la guerra in Somalia, vendeva armi e commerciava bidoni contenenti rifiuti tossici“.
Intanto Hassan è in carcere, forse ingiustamente perchè con ogni probabilità, sostiene il giornalista, non avrebbe partecipato direttamente all’omicidio. “C’è da chiedersi – continua Torrealta – quali possano essere le conseguenze politiche di questa testimonianza. Era compito dell’autorità, l’ambasciatore itinerante in Somalia, che allora era Cassini, spiegare quello che raccontava questo testimone”.
Ala luce di questa ultima testimonianza, che era stata fatta già lo scorso anno via telefono e ribadita in un servizio che verrà trasmesso domani, sembra doveroso che ci sia un seguito giudiziario.
“La domanda che i giornalisti dovrebbero porsi – sostiene Torrealta – è perchè l’autorità italiana paga per far sì che il caso vanga chiuso? Perchè le responsabilità sono forti e istituzionali. Ilaria era una giornalista della Rai, si stava occupando di un caso che vedeva coinvolte delle navi del Ministero degli Esteri, pagate dal Dipartimento della Cooperazione, donate poi a una società somala, ma gestita attraverso un trucco formale da una struttura italiana. E questa società di navi si occupava del commercio di armi”.
Ma la verità verrà mai a galla? Il giornalista è scettico: “Dopo vent’anni ci si rende almeno conto che tutte le inchieste che sono state fatte sul caso Alpi erano depistate per mano delle nostre stesse istituzioni. Vengono trovati continuamente nuovi espedienti, i casi cadono in prescrizione per riuscire a spostare sempre più avanti il momento della verità”.
“Le nostre istituzioni non hanno più credibilità – insiste Torrealta – Dovremmo essere in grado di produrre una consapevolezza giornalistica e professionale per capire cos’è successo e cosa sta ancora succedendo, partendo dal presupposto che la versione dell’istituzione non è quella vera“.
Alina Dambrosio