Dopo il blocco delle navi cariche di armi per Arabia Saudita e Ucraina, i portuali di Genova venerdì prossimo, 10 novembre, torneranno ad operare un blocco nello scalo civile ligure. Questa volta al centro della mobilitazione contro la guerra è il carico di armi verso Israele della Zim, la principale compagnia navale israeliana.
«Non vogliamo essere complici del genocidio del popolo palestinese», ribadiscono i portuali genovesi, le cui lotte contro l’invio di armi per i conflitti nel mondo trovano emuli anche in altri porti, come quello di Barcellona o di Oakland.

Nuovi blocchi dei portuali di Genova contro l’invio di armi per la guerra in Medio Oriente

La mobilitazione dei portuali, che vede nelle sigle del Calp (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali) e di Usb i principali protagonisti, cerca di coinvolgere anche la cittadinanza e altre associazioni, ma soprattutto risponde all’appello lanciato dai sindacati palestinesi lo scorso 16 ottobre.
Venerdì 10 novembre verrà bloccato il Varco Benigno al porto di Genova, ma la manifestazione si sposterà anche di poche centinaia di metri sotto la sede della Zim nel capoluogo ligure.
«Sarà solo il primo appuntamento – spiega ai nostri microfoni José Nivoi – perché stiamo costruendo uno sciopero in solidarietà col popolo palestinese».

La lotta contro le navi che trasportano armi in scenari di guerra è a tutti gli effetti una lotta di classe. «Oltre a provocare morti – continua l’attivista – gli investimenti nelle armi sottraggono risorse all’istruzione e alla sanità pubblica, ma anche al lavoro. Da tempo noi chiediamo di poter andare in pensione prima visto il nostro lavoro usurante, ma ci viene sempre detto che non ci sono i soldi». Soldi che invece vengono spesi per il comparto militare, anche per finanziare i progetti di Leonardo, la principale industria pubblica militare italiana.
«Leonardo si infila nelle università per sviluppare nuove tecnologie, come i droni per la guerra a distanza – sottolinea Nivoi – E tra i principali Paesi dove esporta c’è proprio Israele».

La lotta dei lavoratori dei porti civili contro la guerra, costruita in cinque anni di mobilitazioni, ormai si è estesa a diversi contesti del mondo.
Le cronache raccontano di blocchi contro navi israeliane contenenti armi sia a Oakland che a Seattle, negli Stati Uniti. Notizie analoghe arrivano anche da Barcellona e da Sidney.
«Siamo molto orgogliosi di vedere che il lavoro di sensibilizzazione verso i lavoratori fatto negli ultimi anni stia producendo questi risultati – osserva il sindacalista – I porti sono l’ultimo tassello della logistica militare prima che le armi arrivino sul campo».

ASCOLTA L’INTERVISTA A JOSÉ NIVOI: