Tra le manifestazioni pacifiste in occasione dell’anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina è annoverata quella nazionale che si terrà al porto di Genova. Nello scalo ligure, in realtà, le azioni contro la guerra del Calp – Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali sono cominciate ben prima dello scoppio del conflitto tra Mosca e Kiev e hanno riguardato il blocco delle navi cariche di armi e forniture militari destinate a scenari di guerra come lo Yemen, la Siria o la Palestina.
Guerra in Ucraina, la manifestazione nazionale al porto di Genova
Oltre all’edizione straordinaria della Marcia per la Pace Perugia-Assisi e alle mobilitazioni territoriali di Europe for Peace, come quella a Bologna, in piazza scendono anche i lavoratori del porto di Genova, riuniti nel Calp, insieme ad Usb, Potere al Popolo, diversi centri sociali e sigle dell’antagonismo.
L’appuntamento è alle 14.30 del 25 febbraio al “Varco Etiopia” del porto di Genova, che è già stato teatro delle lotte dei portuali contro l’invio di armi in territori in guerra.
«Sono quattro i blocchi navali che abbiamo compiuto in questi anni – racconta ai nostri microfoni Josè Nivoi, portavoce del Calp – Il più importante nel 2019, quando abbiamo bloccato una nave che trasportava armamenti diretti in Arabia Saudita e che sarebbero stati utilizzati nella guerra in Yemen, un conflitto che ha il più alto numero di morti civili».
La forma di lotta dei portuali di Genova è ben presto diventata esempio di emulazione in altri scali italiani, come quelli di Livorno o Ravenna, si è estesa anche agli aeroporti, come quello di Pisa, ma ha incontrato anche la repressione, con l’apertura di un’inchiesta contro esponenti del Calp, accusati di associazione a delinquere.
Nella giornata di sabato 25 febbraio, però, la protesta antimilitarista non riguarderà solo Genova. Se nel capoluogo ligure ci sarà un appuntamento nazionale, per questioni logistiche si terranno anche mobilitazioni “gemelle” in Sardegna, a Cagliari, e a Niscemi, in Sicilia.
I portuali di Genova, però, mantengono uno sguardo internazionale e segnalano anche le mobilitazioni dello stesso tipo che si terranno a Londra e a Berlino. «Crediamo che questa lotta non debba essere solo sulla schiena dei lavoratori – osserva Nivoi – ma deve essere allargata anche alla cittadinanza».
Una rete di porti dove la lotta per il lavoro è anche lotta contro la guerra
La lotta dei portuali di Genova contro le navi che trasportano armi ha allargato anche l’orizzonte a livello europeo. «È cominciato anche un percorso europeo con varie realtà portuali – spiega il portavoce del Calp – partendo dai portuali di Marsiglia, Amburgo, i portuali del Pireo o Bilbao, mettendo in connessione tutte le realtà lavorative portuali».
Una rete internazionale che è servita per scambiarsi informazioni, esperienze, ma anche per riconoscere i problemi comuni della categoria, che sono sorprendentemente simili in contesti molto diversi.
«Abbiamo scoperto che le ricadute sui lavoratori delle scelte politiche dei vari governi sono le stesse di quelle italiane», sottolinea Nivoi. Ed è in questo modo che è apparso evidente che la lotta contro la guerra è al tempo stesso una lotta per i diritti del lavoro.
In Italia, la vertenza dei portuali è sempre stata quella di un riconoscimento come lavoro usurante. Una richiesta che è sempre stata negata. «Con lo scoppio dell’ennesima guerra – evidenzia il portavoce del Calp – abbiamo visto il governo Draghi aumentare nel giro di una notte da 62 a 104 milioni di euro la spesa militare. Questo vuol dire che quando i soldi sono legati all’interesse economico e politico si trovano dalla mattina alla sera, quando invece le richieste riguardano i lavoratori o i cittadini, vengono disattese perché la guerra oggi assorbe tutte le risorse».
Ed è proprio dal mondo del lavoro che emerge la consapevolezza che, in un’escalation nucleare come quella verso cui si sta spingendo, a rimetterci per primi saranno i lavoratori. «A combattere certamente non sarà Crosetto o chi esso rappresenta», osserva Nivoi, sottolineando come l’attuale ministro della Difesa sia un autentico interprete della lobby dell’industria bellica, avendo in passato percepito compensi consistenti da Leonardo.
ASCOLTA L’INTERVISTA A JOSÈ NIVOI: