La Grecia torna nell’occhio del ciclone europeo. Dopo la sostanziale resa del governo Tsipras alle condizioni imposte al Paese dalla Troika, pochi giorni fa il parlamento di Atene ha approvato nuovi tagli a pensioni e l’aumento dell’Iva. Nel Paese, intanto, dilaga la protesta.

La storia si ripete e la Grecia torna sotto i riflettori della Troika. Il parlamento greco ha infatti approvato nuove misure di austerità per sbloccare un’altra tranche (5 miliardi) del programma di aiuti di 86 miliardi negoziato la scorsa estate.

Le misure approvate, spiega ai nostri microfoni l’economista Giacomo Bracci, prevedono “l’incremento dell’Iva di un punto percentuale” e interventi “che vanno a contenere gli assegni complementari pensionistici“. Si tratta di “tagli lineari per 3,5 miliardi”, richiesti dalla Troika per lo sblocco della tranche da 5 miliardi”.

L’approvazione delle misure, intanto, ha registrato una certa opposizione anche in sede parlamentantare, mentre le istituzioni internazionali – ecco la ‘novità’ – stanno esercitando sul governo Tsipras, come rivela ancora Bracci, una pressione fortissima per “per sottrarre ogni discrezionalità sul tipo di tagli da praticare”. Il tentativo, insomma, è quello di far passare un “piano automatico di tagli” slegato dal controllo del governo ellenico. Tentativo a cui, almeno finora, Tsipras e il suo esecutivo sono riusciti a sfuggire.

Sul piano sociale divampa la protesta e tornano i disordini in piazza Syntagma, luogo ormai tradizionale delle proteste contro l’austerità. Stando così le cose, commenta del resto Bracci, “Non sembra esserci la possibilità di sostenere socialmente questi tagli”.

Si attende, adesso, il Consiglio Europeo del 24 maggio. “Un giorno importante”, lo ha definito Tsipras, che potrebbe fissare le condizioni per un alleggerimento del debito greco. “Il nodo del problema”, chiarisce però Bracci, resta .“Il fatto che in Grecia l’attività economica resti depressa – sostiene l’economista – Purtroppo non sembra essere nell’orizzonte neanche di quelle che vengono percepite come soluzioni, cioè la rinegoziazione del debito”.