Il sistema degli hotspot, attivo in Italia da 5 mesi e al centro della contesa con l’Ue, non funziona. Lo certifica la Commissione Diritti Umani del Senato in un rapporto sulle nuove strutture per l’identificazione dei migranti. Fallimentare anche il sistema di ricollocamento o di rimpatrio.

Accoglienza Migranti: Il flop degli hotspot

Gli hotspot non funzionano. Le strutture, attive da 5 mesi, per identificare rapidamente, registrare, fotosegnalare e raccogliere le impronte digitali dei migranti, si stanno rivelando un sistema deficitario, il cui unico risultato prodotto è l’aumento dei migranti presenti in modo irregolare sul suolo italiano. In altre parole: una fabbrica di irregolari. A denunciarlo non sono le associazioni antirazziste, bensì la Commissione Diritti Umani del Senato, presieduta da Luigi Manconi, che ieri ha presentato un rapporto sui Centri di Identificazione ed Espulsione.

Previsti dal piano europeo per la gestione dell’emergenza immigrazione e, in teoria, accompagnati da un sistema di ricollocamento in altri Paesi, gli hotspot sono spesso stati al centro della contesa fra l’Italia e l’Europa, in particolare con la Germania che accusava il nostro governo, insieme a quello greco, di inadempienza. Il punto, però, è che l’intero piano europeo sembra non funzionare.
La Commissione del Senato, in particolare, ha visitato il primo degli hotspot aperti nel nostro paese, quello di Lampedusa, rilevando che tra il primo settembre 2015 e il 13 gennaio 2016 sono arrivati sull’isola 4.597 cittadini stranieri: di questi ne sono stati registrati e identificati 3.234. Ma al programma di ricollocamento hanno avuto accesso solo 563 persone, appena un sesto.

Il nodo cruciale, però, riguarda coloro che non hanno voluto chiedere asilo in Italia e sono stati considerati, quindi, migranti irregolari. Da Lampedusa 74 sono stati trasferiti nei Cie in tutta Italia, mentre 775 (il 18% dei migranti sbarcati nell’isola) hanno ricevuto un provvedimento di respingimento differito, con l’ordine di lasciare il territorio nazionale entro 7 giorni. “Persone destinate a rimanere irregolarmente nel territorio italiano – scrive la Commissione – e a vivere e lavorare illegalmente e in condizioni estremamente precarie nel nostro Paese”.

Vi sono poi molti casi di migranti che rifiutano di farsi identificare, perché “le disposizioni del Ministero dell’Interno – ricorda la Commissione – prevedono che nessuno possa allontanarsi dal centro finché non sia conclusa l’identificazione, né senza aver ultimato tale procedura si può fare richiesta d’asilo in Italia o accedere al programma europeo di ricollocamento”.
Uno stallo problematico anche dal punto di vista legale, dal momento che la normativa nazionale in merito al trattenimento di persone all’interno di una struttura oltre 48 ore rende necessaria la convalida dell’autorità giudiziaria con relativa notifica.

Il problema per i migranti, dunque, è che vengono esclusi da ogni possibilità di regolarizzazione e di inserimento in un percorso di integrazione. Sarebbe invece “opportuno avviare un piano per ridurre il fenomeno dell’irregolarità che è strettamente collegato all’aumento della marginalità“, sottolinea il rapporto.
Quest’ultimo, inoltre, raccoglie anche alcune irregolarità nelle procedure di identificazione: cernite sommarie di chi può o non può avere accesso al diritto d’asilo, pochi mediatori o interpreti, pratiche effettuate quando ancora i migranti sono sotto shock per il viaggio effettuato.